giovedì 18 giugno 2015
Insieme «cose vecchie e nuove»? Sì, ma talora è un problema. Francesco a Santa Marta «La povertà è al centro del Vangelo», «Gesù ha detto che Lui stesso è nel povero», e «questa non è un'ideologia». Zenit (16/6) titola giustamente: «La povertà evangelica non è cosa da comunisti». Ancora Francesco: «l'abbassamento» di Dio «nell'Incarnazione, nel farsi pane per noi… nel memoriale della sua umiliazione» è centro della nostra fede. Eco immediata di Filippesi 2, ma anche di Teresa di Lisieux: «La proprietà dell'Amore sta nell'abbassarsi». È Vangelo (Mt. 25) che solo chi nel prossimo povero «riconosce» fattivamente Cristo, anche senza averlo «conosciuto» esplicitamente, entra nel Regno. La fede da sola non salva, senza la carità effettiva. Roba nuova? No! Antica, talora dimenticata, che torna di continuo nell'oggi della Chiesa, quando a tanti pare ripresentarsi con forza anche l'essenza del Vaticano II, l'eco di Gaudet Mater Ecclesia, della Pacem in terris e della Populorum Progressio, in attesa di Laudato si'… E le cose antiche? Talora paiono tornare in un modo da apparire vecchie. Un solo esempio: su Aletheia (11/6) si spiega «perché si dice che Dio verrà a giudicare i vivi e i morti», e leggi che «nel giorno del Giudizio Universale ognuno apparirà davanti a Dio. Alcuni saranno vivi, altri no». Segue dotta spiegazione della Bolla Benedictus Deus del Papa Benedetto XII (1336!), disposizioni «con autorità apostolica»: «le anime di tutti i santi» di tutti i tempi sono salve, le anime che hanno bisogno di un po' di purificazione, «cosiddette anime del Purgatorio», già «prima del Giudizio Universale» sono «nel Regno Celeste», e «i peccatori mortali all'Inferno»: questi sono i «già morti»! Domanda: se la «missione si fa per attrazione» si può oggi parlare in questo modo?
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