sabato 5 aprile 2014
Come un insulto che torna in pagina: «cattocomunista»! Sul Foglio (29/3, p. 2) leggi «Rosy Bindi e il cattocomunista Beppe Lumia», e poi si parla di «Don Ciotti». Sul Giornale (29/3, p. 31) apprendi – sul tono e solidità del pezzo su Avvenire si è già ragionato e scritto – che Don Dossetti, «icona del cattocomunismo», da giovane fu «buon camerata»: quindi «aveva i suoi scheletri nell'armadio». Sempre lì (26/3, p. 31) leggi della «Lega democratica culla del cattocomunismo». Quella Lega «culla» di un movimento nato almeno 40 anni prima? Cecità volute, arrangiamenti faziosi e pregiudizi colpevoli con inattesa diffusione. Stesso 26 marzo – fronte opposto – con l'Unità un grosso "Supplemento" (96 pp.) su "Tango, Cuore", ove leggi della «satira» che «ha fatto morire (dal ridere) il Partito Comunista». In realtà, forse quel «dal ridere» è di troppo: infatti da quelle parti a forza di «deridere» si è distrutto tutto. Il bello è che lì tutti scrivono di rifarsi al modello supremo della «satira» di Mario Melloni, il leggendario «Fortebraccio». Loro certo non l'hanno conosciuto. Infatti – memoria personale prolungata – mai Mario Melloni avrebbe deriso il "suo" Partito, ma neppure la "sua" Chiesa, che era quella cattolica!
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