venerdì 14 novembre 2014
Sarà la contaminazione alimentare la sfida più entusiasmante di Expo? La parola in sé non è destinata a grandi entusiasmi e fa più pensare a una malattia (Ebola?) che a un'opportunità. Eppure, la "contaminazione" è parte della nostra storia, se pensiamo che la penetrazione degli usi e costumi di popoli conquistatori, nel tempo, ha creato l'humus della nostra biodiversità, non solo agricola, ma anche culinaria.Del resto i giovani di oggi, per tanti versi, si sentono cittadini del mondo. E nel loro menu hanno, volenti o nolenti, i sushi e pure il kebab, dopo aver provato i panini della nota catena di fast food. Sono da biasimare? Ma quei cibi costano meno di una pizza e proprio per questo, facilmente, hanno ottenuto consensi fra i giovani. Il problema è semmai un altro: la garanzia delle materie prime di provenienza, frutto di un lungo tragitto, che oggi non va neppure più tanto di moda quando si parla di sostenibilità ambientale. Come genitore di tre figli, credo che l'educazione alimentare si insegni con l'attrattiva, ovvero con il fare esperienza di una cosa buona. E il buon cibo scaccia quello meno buono, anche se poi nel menu immaginario di un ragazzo dei nostri tempi, nel suo bagaglio di memoria, sono fissati inesorabilmente l'hamburger, il sushi e pure il kebab. E qui si capisce cos'è la contaminazione, nonostante in famiglia, ogni domenica, si sia cucinata la polenta fumante. La contaminazione che si insinua ha tuttavia bisogno di maritarsi, o meglio di perfezionarsi, passando al setaccio della nostra produzione agricola, che è anche più sostenibile ambientalmente. Detto questo, anni fa a Golosaria, la rassegna a cui ho dato ispirazione dal mio libro di cose buone che esce ogni anno, provammo a portare in scena un kebab fatto con una carne italiana, ma anche un sushi con tonno e riso nostrani e un cous cous con materia prima della pianura padana. Fu una provocazione e un successo. Che oggi, a distanza di cinque anni, si compie con Kebarbuma, ossia il kebab realizzato con le carni di razza bovina piemontese, di pollo nostrano e le salse con gli ortaggi delle nostre campagne. E debutterà a Golosaria domani (www.golosaria.it), con tanta curiosità da parte della gente, attratta anche dall'uovo da passeggio e dalle lezioni di barbecue.Ora, il fatto che un'idea di contaminazione, abbia trovato una strada percorribile e interessante, sia dal punto di vista culturale sia da quello commerciale, fa pensare alle mille e più occasioni che nasceranno dall'Expo: un'esposizione che apre la mente, dove la parola tradizione potrà nel tempo destare sorprese. Bisogna dunque essere vigili: dopo l'Expo tante cose non potrebbero essere più come lo son sempre state. Anche in termini di alimentazione. Ma il nostro auspicio è che lo siano, naturalmente in meglio.
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