martedì 18 settembre 2018
A un certo punto della sua vicenda, Abramo si trovò ad attraversare un momento pesantemente amaro. Erano ormai passati ben venticinque anni dalla sua uscita da Carran ed egli continuava ancora ad essere un nomade senza discendenza. La sua amarezza era tale da esprimersi così nei confronti di Dio: «Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l'erede della mia casa è Elièzer di Damasco». Soggiunse Abramo: «Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede» (Gen 15,2-3) Nel profondo buio della sfiducia Abramo ha bisogno una luce. Proprio mentre la fede sembra perdere il suo splendore e sprofondare nella totale oscurità è necessario un punto di riferimento luminoso. Il dono di Dio non tarda a venire: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle»; e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza» (Gen 15,5). L'unico strumento contabile proporzionato alla generosità divina e alla sua puntuale fedeltà non possono che essere le diverse costellazioni accese da Dio nel firmamento. Con questo sfavillante pallottoliere Abramo potrà sapere quanti saranno coloro che adempiranno la promessa divina: «Alla tua discendenza io darò questa terra» (Gen 12,7). L'operazione matematica suggerita da Dio non è avvenuta, ma il cuore stesso di Abramo è diventato il firmamento della fiducia: «Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia» (Gen 15,9).
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