venerdì 9 aprile 2021
Vasilij Šukšin morì a soli 45 anni nel 1974, una delle grandi promesse del cinema e della letteratura russi e non solo. Gli rubai, suo coetaneo, un titolo, Strana gente, per un mio diario degli anni Sessanta, e con vero entusiasmo vidi i suoi film e lessi i suoi racconti (tradotti in italiano dalla grande Vitale), scoprendovi affinità e differenze con la storia della mia generazione, che è stata quella della ricostruzione post-bellica, delle nouvelle vagues e della coesistenza pacifica, quando era possibile vedere in giro manifesti e cartoline che accostavano i volti di Kennedy, Chrušcëv e papa Roncalli! Figlio di contadini siberiani, il padre ucciso nelle "purghe" staliniane, poté studiare cinema a Mosca da allievo del grande Michail Romm, e poté pubblicare racconti che a volte divennero film, sempre di fondo autobiografico, oltre a Strana gente, Vostro figlio e fratello e Viburno rosso (1973), che raccontava di un giovane uscito di galera tornato nel suo ambiente contadino, che s'innamora e muore perché si oppone a un gruppo di ex compari che lo vorrebbero di nuovo con loro, a danno del villaggio. Šukšin, che fu anche il compagno di una grande poetessa del tempo, Bella Achmadulina, recitò in tanti film che lo resero famoso in patria e ospite di festival internazionali, per esempio come protagonista di un film esemplare di quegli anni per le speranze di una democrazia sovietica, Chiedo la parola di Gleb Panfilov (anche lui un dimenticato!), interpretato dalla moglie del regista, la bravissima Inna Curikova. La sua fu una meteora, paragonabile a quella di alcuni contemporanei in giro per il mondo e, in patria, a quella del poeta e cantautore Vladimir Vysockij,"bruciato verde" anche lui a 42 anni, nel 1980: una sorta di Bob Dylan russo però più irruente e gridante, e anche lui, come Šukšin, cosciente erede di Esenin e Majakovskij (suoi testi sono comparsi in un vecchio numero di "Poesia", la benemerita rivista di Crocetti). Il suo ricordo è legato a quello dell'amore con Marina Vlady, che lo raccontò in un bel libro edito in Italia da Marsilio. Interprete tra Francia e Italia di tanti film importanti, Marina, bellissima, era una delle quattro sorelle Poljakov figlie di russi bianchi esuli in Francia, tre di loro attive in cinema come attrici o montatrici, e fu una perfetta Principessa di Clèves in un gelido film scritto da Cocteau, ma anche, in Italia, del caloroso film
"ciociaro" Giorni d'amore di De Santis con Mastroianni e di La ragazza in vetrina di Emmer. scritto tra gli altri da Pasolini, sui nostri migranti in Europa. Fu anche interprete di un medio film francese su una strega che spopolò in Russia, e fu allora che conobbe Vysockij e che fu Un amore di Cechov in un bel film di Sergej Jutkevic. Di nome in nome, e di filo in filo, quante vite straordinarie e quante opere di cui ci si è dimenticati velocemente, sostituendole troppo spesso con vite e opere più povere e, spesso, piuttosto squallide.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: