mercoledì 14 ottobre 2020
Ogni mattina Nicolò pubblica un post su Facebook per annunciare come si prospetta la giornata: ieri ad esempio c'era il sole fra le montagne orobiche e Ferdy, il papà che vive in una grotta a 2.000 metri, sta raccogliendo le mele selvatiche. Ferdy ha in testa il suo cappello spiovente di forte stoffa, segno di appartenenza alla gente di montagna. E chissà quante volte glielo ha messo in testa a Nicolò e Alice, i suoi figli che a Lenna, in Val Brembana, conducono l'agriturismo con 11 camere, un ristoro dove servono a bicchiere 40 vini di "produttori estremi". Il loro team è tutto di giovani intorno ai 21 anni. Nicole, moglie di Nicolò, sta nello spaccio dove rivendono i formaggi realizzati con il latte crudo delle capre orobiche e delle vacche di razza Bruna Alpina originale, ma anche i salumi della tradizione, tratti dalle carni di animali ormai arrivati "a fine carriera". C'è un formaggio dalla forma quadra, coperto interamente dal fieno tagliato ad alta quota che ha un profumo inebriante. Un altro giovane, Alberto, munge a mano due volte al giorno: una forza della natura. «Tutto ciò che ci circonda ha un racconto», mi dicono in questo villaggio che raggiungi appena dopo San Pellegrino, dove si arriva provando un senso di pace che un po' attenua l'apprensione di quelle due ambulanze con le luci accese che incrociamo a valle. Siamo infatti nella Bergamasca e ogni indizio ci riporta alle immagini terribili dei mesi passati. Ma intanto questi giovani non sono stati fermi nemmeno durante il lockdown: con l'aiuto dei social hanno intensificato i rapporti con altri come loro, creando una rete di amicizia e di solidarietà nel nome della sostenibilità, secondo il motto che «rispettare la terra e onorare la tradizione deve essere fatto senza compromessi». Ci sediamo sui gradini di pietra e Nicolò dice: «Fausto deve essere tranquillo di poter produrre i suoi vini, al resto ci pensiamo noi». Il resto è appunto la commercializzazione dei vini autentici di quest'altro personaggio, Fausto Andi, che a Montù Beccaria nell'Oltrepò Pavese conduce anche lui un agriturismo facendo lavorare ragazzi con la sindrome di down, altrimenti destinati a un'illogica reclusione in casa. Vivere tutto questo nei giorni in cui è uscita l'enciclica del papa sulla fraternità, permette di osservare un futuro che prende forma. Ed ha le sembianze della bellezza, non solo della natura intorno. Sono belle le case in pietra e legno, sono belli i volti di questi ragazzi sorridenti, che la mascherina la fanno scendere (pur malvolentieri) perché in loro è molto forte, in tutti i modi, il senso di responsabilità. Bisognerebbe scrivere un manuale sulle buone pratiche che stanno applicando, perché al di là di tante parole è necessario che si possa ripartire da un impeto così.
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