sabato 4 febbraio 2017
Lupus su parole che, salvo su questo giornale, non sono rimbalzate in altre pagine. Giovedì Francesco ha ricordato Giuseppe e Maria che presentano Gesù al Tempio, «in mezzo al suo popolo». Ripetuto più volte, per noi: «Metterci in mezzo al suo popolo e mettere Gesù in mezzo al suo popolo»! È l'unico segreto: «Significa avere un cuore contemplativo, capace di riconoscere come Dio cammina per le strade delle nostre città...». Gesù al centro, e solo allora – continua Francesco – «sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme, mescolarci, prenderci in braccio (...) in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio». Qui, proprio qui anche oggi è la sconfitta del negativo, la «tentazione della sopravvivenza (che) ci fa diventare reazionari, paurosi, ci fa rinchiudere lentamente e silenziosamente nelle nostre case e nei nostri schemi» per «proteggere spazi, edifici e strutture più che rendere possibili nuovi processi». Ancora: «La tentazione della sopravvivenza ci fa dimenticare la grazia, ci rende professionisti del sacro, ma non padri, madri o fratelli della speranza che siamo stati chiamati a profetizzare». «Reazionari» e «professionisti del sacro»! E «questo clima di sopravvivenza inaridisce il cuore e trasforma in pericolo, in minaccia, in tragedia ciò che il Signore ci presenta come opportunità per la missione...». Parole forti, che dicono – cfr. qui l'altro ieri – quale sia il vero «contagio» di «grazia» che la nostra fede deve produrre nel mondo, la vera «testimonianza di vita» che non è «proselitismo», ma autentica «missione». Per i religiosi e per tutti i discepoli: no alla sopravvivenza, camminare insieme, discernere e integrare, mettendo non noi, ma «Gesù in mezzo al suo popolo». Parole che mordono? Perciò il silenzio...
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