venerdì 8 gennaio 2021
Dei molti preti che ho conosciuto, quello a cui sono stato forse più vicino, nonostante la differenza di età, nella Milano della Corsia dei Servi e dopo, quando si era relegato in Valtellina a Madonna di Tirano, è stato il servita Camillo De Piaz. Molti pensavano che avesse origini nobiliari per via del "De" del cognome, ma lui si affrettava a precisare che si chiamava così perché la sua famiglia veniva dal paese di Piazza e che i suoi genitori erano persone umili e comuni (al contrario della famiglia Cederna, altro orgoglio della Valtellina: e Camilla e Camillo furono molto amici). Il nome di padre Camillo è legato indissolubilmente a quello del suo "collega" padre David Turoldo, molto più noto di lui anche perché ottimo poeta, e di carattere assai diverso, irruento e combattivo e un po' retorico quanto Camillo era schivo e saldamente metodico: un binomio a suo modo perfetto... Per conoscere Camillo, la sua storia e le sue idee, c'è un bellissimo libro, una lunga intervista che gli fece un altro caro amico, Beppe Gozzini (Sulla frontiera, Scheiwiller 2006), che fu il primo obiettore di coscienza cattolico, militò nei "Quaderni rossi" di Panzieri e fu dipendente dell'Alfa collaborando con Sinisgalli alla redazione di "Quadrifoglio", attivo nel risveglio sindacale del '69 e dintorni. Incontravo spesso Camillo nella piccola libreria di via Tadino, gestita da due persone bellissime, Lucia Pigni e Mario Cuminetti, la "Nuova Corsia" aperta dopo che la Corsia dei Servi era stata affidata chiusa d'autorità e poi affidata ad altri. (Del periodo in cui essa era stata gestita dai nostri due frati, voglio ricordare che vi si svolgevano dibattiti culturali e politici di alto e altissimo livello e di alta tensione; a due passi di lì, in un angolo di piazza San Babila, c'era la Casa della Cultura di segno comunista, dove si respirava un'aria molto più chiusa, dottrinale.) Per andare da casa (vicino a Porta Venezia) alla redazione di "Linea d'ombra" facevo quattro volte al giorno tutta via Tadino, e un giorno vidi dalla vetrina della libreria che padre Camillo era disceso (più o meno clandestinatamente, perché gli era vietato dalle sue "superiori autorità") nella stanzetta in fondo ed entrai a salutarlo. Mi chiese come me la passavo, e io gli dissi che ero un po' in crisi con tante cose; e lui: "Sapessi io!" Inconsciamente, era come se io avessi voluto confessarmi, ma finì che, altrettanto inconsciamente, fui io a dover confessare lui... Casi della vita. Camillo aveva coraggiosamente militato nella Resistenza milanese insieme a padre David, e insieme avevano fatto tante battaglie, per esempio intorno a Nomadelfia, con un altro geniale libraio, Paolo Ricca, sposato a una splendida cattolica giapponese, Atsuko Suga, che introdusse in Italia grazie a Bompiani i grandi scrittori giapponesi del Novecento. Ricca era amico di Danilo Dolci, e fu per questo che potei diventare suo amico e conoscere e frequentare lui e i due serviti, e tramite loro il fiorentino Michele Ranchetti, un altro grande poeta e un altro "dimenticato", amico di don Milani e autore tra l'altro di un saggio sui preti di frontiera di quegli anni e di una serissima storia del modernismo cattolico edita da Einaudi che meriterebbe assolutamente di venir ristampata.
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