mercoledì 22 dicembre 2004
La parola divina, apparendo all"improvviso, come un compagno di strada, per l"anima che cammina solitaria, le porta una gioia inattesa che supera ogni speranza.«Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose e la notte era a metà del suo corso, la tua onnipotente parola dal cielo, dal tuo trono regale, si lanciò in mezzo alla terra». Così un ebreo di Alessandria di Egitto, la cui opera - il libro della Sapienza (18, 14-15) - è entrato nel Canone cattolico delle S. Scritture, celebrava l"irrompere della Parola divina per il suo giudizio sugli oppressori. Pochi decenni dopo, un altro ebreo alessandrino, il filosofo Filone, scriveva la frase che sopra abbiamo proposto. La sua era una prospettiva che potremmo quasi definire evangelica e "natalizia". La Parola divina scende dal cielo della sua trascendenza per mettersi sulla nostra strada e per diventare un compagno di viaggio nella vicenda della vita.È l"equivalente, ancora esitante, del ben più forte e radicale «La Parola si è fatta carne» del Vangelo di Giovanni. Avere accanto a noi, al nostro fianco, al nostro livello, quella Presenza ci «porta una gioia inattesa che supera ogni speranza». Un poeta ebreo tedesco, Paul Celan, spettatore della tragica fine della sua famiglia sotto la barbarie nazista, morto suicida a Parigi nel 1970 a 50 anni, aveva lasciato un filo di speranza nei suoi versi, evocando a suo modo il tema che oggi abbiamo proposto: «Scese, scese/ scese una parola, scese,/ scese attraverso la notte,/ volle risplendere, volle risplendere». Celan non ha voluto fissare gli occhi in quella luce e si è lasciato avvolgere dalle tenebre. Noi cerchiamo, invece, di raccogliere quella luce e quella parola in questo Natale: «La luce risplende tra le tenebre e le tenebre non l"hanno travolta"».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: