giovedì 25 gennaio 2018
"Il Papa chiede scusa per aver fatto il Papa" ("Tempo", 23/1, p. 8). Titolo di una "lezione" ai lettori con intenzione evidente di darla anche al Papa. In cattedra Alessandro Meluzzi, noto "psichiatra", ma con tante altre incombenze tra sacro e profano, disinvolte e ripetute. È libertà! Inizio con domanda: «Quale è la funzione pedagogica e confessionale dei pontefici romani?». La risposta sapiente richiama l'"infallibilità" definita dal Vaticano I, ma con intento polemico: quella si riferisce alla "fede", non vale per «Bergoglio (che) si pronuncia pochissimo in materia di fede», eppure è «loquacissimo» su tutto il resto della realtà. E allora? Allora segue sentenza Meluzzi: «un papa dovrebbe essere molto più presente in materia di fede e meno verboso in tema di chiacchiere quotidiane». Così piacerebbe anche al Meluzzi. La risposta è chiara, ma per rafforzarne il tenore polemico segue un annuncio risoluto e risolutore: «A proposito sto preparando un volumetto sui discorsi papali per vedere quante volte ricorre la parola "Cristo", "croce", "resurrezione" e "vita eterna" confrontate con i termini "migrazione", "accoglienza", "giustizia sociale" e "poveri"». Sicuro, Meluzzi, che le prime sono poche e le seconde troppe, insopportabilmente troppe…
Attendiamo il "volumetto", ma con l'occasione vorrei ricordare all'intrepido Meluzzi che ha avuto un predecessore 4 anni orsono qui, in occasione della "Evangelii Gaudium". Un "intrepido" lettore che non riusciva a digerire il nuovo Papa mi scrisse varie volte, e alla fine con questa accusa a Papa Francesco: nella E. G. il nome di Cristo ricorreva «una sola volta», e questa era la prova del tradimento di questo Papa relativista e sovversivo. Gli risposi – e bastava un controllo del testo – che "Gesù" era presente ben 129 volte, e "Maria" 26. Non ha più scritto. Suvvia: risparmiamo il volumetto!
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