Come si fa un video vocazionale? Funziona bene se «è tutto vero»
venerdì 11 maggio 2018
A Barletta una ragazza, Carmen D'Agostino, è entrata in noviziato presso un monastero di benedettine. Una notizia che secondo il metro della fede è buona e grande, ma secondo quello dei media non lo sarebbe abbastanza da meritare la pubblicazione, se non fosse che - come gli utenti del sito di "Avvenire" hanno già potuto apprendere qualche giorno fa, per mano di Riccardo Maccioni ( tinyurl.com/y9slromw ) - le immagini (foto e video) del rito della vestizione, postate su Facebook dall'arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie ( tinyurl.com/ybf896rn ), hanno riscosso un sorprendente successo. Ecco le cifre: in pochi giorni 2 milioni di persone raggiunte, 12mila condivisioni, 4mila reazioni e centinaia di commenti, non esenti ma neanche troppo afflitti dai noti tic dei social network.
Credo che la chiave di questo interesse stia nel fatto che è stata raccontata una storia antica e tuttora ben presente (con tanto di pregiudizi) nell'immaginario popolare con un linguaggio adeguato a farne percepire la novità e la bellezza. Il fatto che la futura suor Maria Vittoria della Croce abbia rappresentato il suo cammino verso lo sposalizio con Cristo evocando, con misura ma senza equivoci, il rito del matrimonio tra una donna e un uomo non è una novità. Ma, offerto alla Rete, ha certo funzionato come involontaria "esca da click". Se poi, contrariamente a quanto accade quando tali esche sono gettate con malizia, il resto delle immagini ha continuato ad attrarre, credo che sia perché in esse "è tutto vero", a cominciare dal clima di festa e di gioia (volti sorridenti, applausi) che, coerentemente alla premessa, restituiscono anche quando la protagonista, tagliati i capelli, sveste l'abito bianco e indossa quello nero "da suora". Se ci fossimo messi a tavolino a pensare come realizzare un video che catturasse l'attenzione del "popolo della Rete" sulla vocazione alla vita consacrata, probabilmente non saremmo stati altrettanto efficaci.
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