venerdì 19 giugno 2020
Parecchi decenni fa, quando ci si divertiva con ben poco, era di moda lo «Shangai». Esiste ancora, ma credo sia opportuno descriverlo. Consiste in una serie di bastoncini di legno o più raramente di plastica, che si differenziano solo per il colore. I bastoncini vengono buttati a caso su un tavolo. Il gioco consiste nel separare con un ulteriore ed unico bastoncino (senza smuovere il mucchio) i bastoncini dello stesso colore. Ovviamente, alla fine chi ne ha di più vince. Gioco che parte dal caso e richiede molta fermezza manuale, nonché una buona capacità di scelta dei bastoncini da raccogliere. Mi è venuto in mente riguardo a come ci comportiamo oggi con le informazioni. Il gioco è in questo senso già dato, a tutti. Pure, chiunque s'ingegna a estrarre una certa quantità di informazioni, provandosi a mantenerne una certa forma di logica o per lo meno di narrabilità (l'omogeneità dei colori oppure il senso della disuguaglianza degli stessi) se li carica sulla schiena per farne il proprio bagaglio cognitivo, la propria visione del mondo «concreta». Un ibrido tra cose e immaginari casuali e provvisori, un ludico cambiare o mantenere opinione. Frammenti omogenei di "sentito dire" di mano in mano. E quanto mi manca l'Uomo.
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