mercoledì 10 settembre 2014
Qualche settimana fa ci siamo interessati (voi e io) all'eccentrico e letterario libro di cucina di Alice B. Toklas, I biscotti di Baudelaire, e oggi facciamo il (non richiesto) bis con Come cucinare il lupo, di Mary Frances Kennedy Fisher (Neri Pozza, pp. 256, euro 15,90). L'autrice, abbreviabile in M.F.K. Fisher (1908-1990), scrisse il ricettario nel 1942, quando la guerra imponeva rigorose restrizioni alimentari e lo aggiornò nel 1951: la scrupolosa traduzione italiana di Massimo Ortelio indica gli aggiornamenti fra parentesi quadre, dando al testo un'allure da edizione critica.Nel 1942 le ricette fisheriane volevano aiutare a preparare piatti gustosi pur con ingredienti scarsi e di ripiego, e questa bella propensione per il risparmio e la sobrietà si mantiene anche negli aggiornamenti: si può essere buongustai pur spendendo poco e controllando il proprio peso. Il «lupo» del titolo è la fame, ma anche l'assillo della fretta e delle ristrettezze.È delizioso ascoltare in metropolitana le signore che si scambiano pareri sui menu che hanno previsto per la cena: «Io ci aggiungo anche una noce di burro», oppure: «Le patate ho imparato a cuocerle con la buccia, naturalmente ben lavate». Quanto amore c'è nel dedicare delle mezz'ore per preparare un piatto intenzionalmente squisito che un marito distratto magari farà sparire in tre minuti!Lo stile Fisher è quello del giornalismo femminile che vuol sembrare svagato ma è controllatissimo, come quello, inarrivabile, di Irene Brin. «La cosa migliore da fare con le uova vecchie è non comprarle perché non servono a niente, e se il vostro negoziante ve ne rifila qualcuna di soppiatto, cambiate negozio senza indugio». Ancora sulle uova: «Un chimico mi ha spiegato che occorrono tre ore per digerire un uovo che è stato cotto per un minuto. Il pensiero dello stomaco che pompa e macina, alle prese per 9 ore con un uovo sodo è avvilente, e i picnic con le immancabili uova alla diavola appaiono addirittura raccapriccianti». Perché 9 ore? Perché un uovo sodo deve cuocere per tre minuti.Naturalmente, gli ingredienti sono essenziali: «Oggi esistono anche confezioni di carne surgelata che molti trovano deliziosa. Ho provato diverse volte ad assaggiarla e mi piacerebbe dire che è buona, ma continuo a trovarla insipida e stopposa, l'ennesima, avvilente prova del declino del gusto verso cui sembriamo inesorabilmente avviati». Sì, effettivamente i piaceri della tavola sono in declino, ma la voga mediatica degli chef è in controtendenza (avete notato che, pur essendo la preparazione del cibo mansione tipicamente femminile, l'eccellenza gastronomica degli chef è maschile?).Non ho competenza culinaria (il mio passato scout mi abilita soltanto a pastasciutta e bistecca), e mi piacerebbe leggere un saggio psicologico e culturale sull'arte della tavola, in cui tradizione e innovazione coesistono. Al proposito mi è stato raccontato che un giovane marito osservava con ammirazione la giovanissima sposa che, dopo aver arrotolato con cura l'arrosto, ben lardellato di aromi, ne tagliava le estremità prima di metterlo in padella. «Perché fai quei tagli?», chiese meravigliato. «Non so, me l'ha insegnato mia madre». La mogliettina, rimasta pensosa, andò dalla madre e le chiese: «Perché si tagliano le estremità dell'arrosto?». «Non so, l'ho visto sempre fare da mia madre». La ragazza, indomita, ripropose il quesito alla nonna che rispose: «Avevo una padella troppo corta, e così lo tagliavo». L'aneddoto, vero o inventato, la dice lunga sull'origine delle consuetudini e sulla psicologia maschile e femminile.Ma concludiamo con il portaspilli dell'ingegnosissima Fisher: «I fondi di caffè, prima lasciati a mollo e poi essiccati, sono ottimi come imbottitura. Sono economici, impediscono che aghi e spilli si arrugginiscano e non si restringono». Geniale!
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