domenica 21 marzo 2004
Ancora un marzo che mi tocca, questo/ fra i duemila passati e che verranno/ nel tempo e poi scordati, ed io
mi appresto,/ stando ai patti, a goderlo. Anche quest'anno/ vedrò le gemme e i fiori che il funesto/ inverno ha condannato, e torneranno/ i colori sul prato" Ma il vento:/ "Voi siete" sento stizzoso soffiare/ "come foglie che fanno un solo volo/ dal loro cielo alla terra, uno stento/ rapido volo per toccare il suolo". Certo, la primavera è gemme, fiori, colori, amori. Ma c'è il vento che ci riporta parole antiche (già i salmisti e i poeti greci le cantavano) e sempre nuove: voi, uomini e donne, siete come le foglie che verdeggiano per una breve stagione e poi volano a terra per confondersi con la polvere. E', dunque, una riflessione controcorrente quella che ci propone Luciano Luisi, un giornalista televisivo e poeta che considero anche un amico. La scopro nella raccolta Parole di passo (ed. Aragno) ove sono convocati "trentatré poeti per il terzo millennio". La retorica della primavera è soprattutto vitalistica. Luisi, invece, scopre in essa già il brivido di quel "funesto inverno" che ha appena lasciato alle spalle. Il Siracide, sapiente biblico del II sec. a.C., scriveva: «Come foglie verdi su un albero frondoso: le une lascia cadere, altre ne fa spuntare, lo stesso avviene per le generazioni di carne e di sangue: le une
muoiono, altre ne nascono» (14, 18). Questa altalena della vita, contemplata con serenità dall'antico poeta sacro, è ugualmente seguita dal poeta di oggi che è consapevole della nostra fragilità ma anche della freschezza della nostra vita. Egli sa, allora, avviarsi con pacatezza verso il "rapido volo". In un'altra poesia Luisi celebrava così la sua vecchiaia: «Cominciano gli anni patetici/ di languori struggenti/ di tenerezze che hanno/ un sentore d'addio». E anche questa stagione ha una sua bellezza.
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