martedì 9 novembre 2004
Chi ha un campo e ha piantato alberi sa che essi sono come persone, con gusti e destini difficili da governare. Alcuni attecchiscono bene e vengono su saldi, pescando con radici in un suolo adatto, altri stentano, altri ancora si ammalano e muoiono.Anche se ho trascorso la maggior parte della mia vita in città, le mie origini mi rimandano a colline, a campagne coltivate, a paesaggi verdi e mutevoli col fluire delle stagioni. Rimango, perciò, sempre affascinato da chi lavora la terra e sa far crescere alberi, seguendone e intuendone le vicende e le sorti. Parte da questa stessa esperienza uno scrittore ben noto ai nostri lettori, Erri De Luca, la cui vita è stata a lungo legata al lavoro fisico, operando proprio sulla materia apparentemente greve e inerte. La sua è una sorta di parabola che dai campi e dalla vegetazione ci conduce all"umanità. E" una vicenda in cui tutti siamo coinvolti, non di rado con sofferenza.  Quante volte ho visto genitori pieni di apprensione seguendo la crescita interiore stentata dei loro figli e poi il loro tormento quando quella fatica si traduce in una specie di morte anticipata, con la loro creatura caduta nell"indifferenza, nello scoraggiamento o in un baratro di vuoto. La persona umana è sempre un mistero: si può studiare il suo codice genetico, individuare il dna, vagliare la sua psicologia ma alla fine c"è sempre un segreto che non si svela. Bisogna a quel punto ritirarsi con rispetto, dopo aver dato tutto l"amore possibile, e affidare quella creatura al suo Creatore, l"unico che " come dice la Bibbia " «conosce i cuori e i reni».
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