mercoledì 7 novembre 2018
Ha vinto l'anno scorso il Premio Calvino, Emanuela Canepa, e quest'anno il suo romanzo L'animale femmina, pubblicato da Einaudi (pp. 260, euro 17,50) ha vinto la terza edizione del Premio Fondazione Megamark. Un libro adulto (in ogni senso) sorprendente in un'esordiente cinquantenne, bibliotecaria a Padova. È la storia di Rosita Mulè, ragazza che lascia il suo paese nel casertano per affrancarsi dall'opprimente asfissia materna, e va a Padova per studiare, con poco profitto, Medicina. Per mantenersi, dapprima lavora per pochi soldi come cassiera in un supermercato, poi entra nello studio legale di un avvocato matrimonialista, Ludovico Lepore. Costui è un cinico misogino che tuttavia è toccato dal candore di Rosita: le offre un lavoro che le consente di frequentare le lezioni e di studiare, e la ragazza ottiene addirittura un 28 in Fisiologia. Ma le risorse manipolatorie di Lepore sono infinite, rasentano il sadismo. Si occupa di divorzi per assistere alla sofferenza degli altri, soprattutto delle donne, e infligge alla ragazza lezioni di vita di questo tenore: «La felicità di una donna non è mai quello che c'è. È sempre quello che potrebbe essere, un tempo al futuro, un ideale a cui bisogna tendere. Ma sono d'accordo con lei, non ci sarebbe niente di male, l'ambizione non è un difetto. Il difetto è cercare le cose nel posto sbagliato. Avere desideri per sé, e pretendere che diventino il fine condiviso della relazione. Perlopiù senza chiedere il parere della controparte. E poi si stupiscono se quella non collabora». L'avvocato non è tenero neppure con gli uomini: «Non certo per difendere gli uomini. Però la natura maschile è più lineare. L'uomo è un fesso abitudinario, meno incline a cercare assoluzioni sulla base del genere. Le mie riserve sulle donne, invece, dipendono dal fatto che peccano avendo la pretesa di uscirne con la coscienza pulita. Questo le rende più interessanti. Più ridicole. E più perverse. Mi limito a prenderne atto. Per il resto, il mondo è pieno di idioti di entrambi i sessi, e io penso male di tutti allo stesso modo». Tanto cinismo nasconde una ferita troppo profonda e immedicata. L'abilissima struttura del romanzo, inserisce capitoli datati negli anni 1958-61, in cui Ludovico e l'amico Guido, dopo gli esami di maturità, fanno una gita a Volterra e lì, per un gesto inatteso, Ludovico scopre che l'amicizia con Guido non era solo amicizia, e ne resta sconvolto. Testimone della svolta nel loro rapporto è la statuetta di un efebo etrusco, acquistata da un antiquario. Quando Guido decide di sposarsi, Ludovico si illude che la loro relazione possa continuare, ma inevitabilmente si spezza. Non si rivedranno per molti decenni. Ludovico, ormai settantacinquenne, scopre di avere il cancro, gli restano pochi mesi di vita. Vuole riavere la statuetta dell'efebo, per lui così carica di sentimenti. Per tre volte ha scritto a Guido senza mai ricevere risposta. Coinvolge Rosita in uno stratagemma perverso: dovrà scattare delle foto in intimità con Guido, per poi poterlo ricattare. In cambio, troverà alla ragazza un lavoro presso un altro collega, per quando lui non ci sarà più. Rosita accetta perché non può restare senza lavoro, proprio adesso che gli studi si stavano rimettendo in carreggiata. Nella garçonnière di Guido, ecco l'efebo. Rosita riesce a farselo consegnare senza tragedie. Uscendo, troverà Ludovico ad aspettarla, e verranno raggiunti da Guido. Dopo tanto tempo, discutendo animatamente, i due amici si allontaneranno insieme, l'efebo sarà dimenticato sul tavolino del bar. Romanzo di sentimenti complessi, con personaggi di contorno abilmente tratteggiati: l'avvocato Renata Gallegari, che maltratta Rosita nello studio Lepore, ha anche lei il suo segreto; lo stolto Maurizio, con il quale Rosita (che non è poi così ingenua) ha una relazione saltuaria, riesce ad assistere senza intervenire alla scenata che sua moglie fa all'amante, e viene liquidato. A suo modo positivo è il personaggio di Dina, ex collega di Rosita al supermercato. L'animale femmina, con quel titolo un po' alla Simone de Beauvoir, si stacca dalla media della letteratura corrente, e affronta temi, omosessualità compresa, da angolazioni inusuali e offre al lettore culturalmente solido gli elementi per una valutazione morale.
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