giovedì 3 luglio 2008
XIV Domenica del Tempo Ordinario - Anno A



In quel tempo Gesù disse:
« Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto
nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate
ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato
dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno
conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia
rivelare. Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io
vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che
sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il
mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».



Ti benedico, Padre,
perché queste cose le hai rivelate ai piccoli. I piccoli: di essi è pieno
il Regno dei cieli, pieno il vangelo. Dio ha delle preferenze, non è neutrale:
i poveri, come passeri, hanno il nido nella sua mano. Davanti a Dio non
c'è nulla di meglio che essere nulla, come l'aria davanti al sole, polline
nel vento di primavera (Simone Weil). L'unico merito dell'annunciatore
è di essere infinitamente piccolo, solo così l'annuncio sarà infinitamente
grande (Giovanni Vannucci).

Venite a me, voi tutti, che siete stanchi
e oppressi, imparate da me e troverete ristoro. Gesù non viene portando
una nuova etica, viene recando una coppa colma di pace. Non porta precetti
nuovi, ma una promessa: il Regno di Dio è pace e gioia nello Spirito (Rm
14, 17). È legittimato a proporsi ancora agli uomini perché conforta la
vita, perché parla il linguaggio della gioia.

Imparate dal mio cuore...
Cristo si impara imparandone il cuore, cioè il modo di amare. Il cuore
non è un maestro fra gli altri, è «il» maestro della vita. Inizia, allora,
il discepolato del cuore, per noi, discepoli sapienti e dotti, che corriamo
il rischio di restare degli analfabeti del cuore. Burocrati delle regole
e analfabeti del cuore. Perché Dio non è un concetto, non è una regola
o una disciplina, è il cuore dolce e forte della vita.

E troverete ristoro.
Ristoro dell'esistenza è un cuore mite, senza violenza e senza inganno,
una creatura in pace e senza presunzione, che diffonde un senso di ristoro
nell'arsura del vivere.

Il mio giogo è dolce e il mio peso leggero. Come
può il giogo essere un ideale per l'uomo moderno, geloso di ogni più piccola
porzione di libertà, per l'uomo che nell'ultimo secolo ha lottato proprio
per scrollarsi di dosso tutti i gioghi?

Nel linguaggio della Bibbia «giogo»
indica la legge di Mosè (cf. Ne 9, 29) che Gesù ha riassunto nel comandamento
nuovo dell'amore, l'antica novità. Ma amare Dio con tutto il cuore non
è cristiano; anche ebrei e musulmani hanno da amare Dio con tutto il cuore.
Amare il prossimo come se stessi non è ancora cristiano, vale anche per
scribi e dottori della legge.

Io non amerò Dio, amerò il Padre di Gesù
Cristo, l'Abbà, lo amerò come figlio. Non amerò il prossimo come me stesso,
lo amerò come Gesù lo ama (non quanto, ma come, o ne resteremmo schiacciati)
col cuore mite e umile dell'unico che è Figlio e fratello. Anch'io figlio
nel Figlio, fratello nel Fratello.

(Letture: Zaccaria 9,9-10; Salmo 144;
Romani 8,9.11-13; Matteo 11, 25-30)
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