giovedì 11 agosto 2016
La parola per essere ascoltata ha bisogno di essere progressivamente sintetica. Se considero i quattro vangeli, verrebbe da dire che siano stati scritti adatti per qualunque tempo. Non so quanti, oggi, possano leggere l'interminabile Guerra e Pace di Tolstoj o gli stessi Miserabili di Hugo o i nostrani Promessi Sposi. L'800 produceva centinaia e centinaia di pagine, senza risparmio, per raccontare una storia. Nel secolo successivo, quanto Tolstoj scriveva in mille pagine, Hemingway, nel suo Il vecchio e il mare lo fa starein cento. In questo millennio, le cose cambiano ancora. Calvino, che aveva fiutato tale imbuto, andava già dicendoci che di sintesi in sintesi saremmo arrivati alla poesia. Ho l'impressione che anche questa debba essere scorciata, se vuole che i lettori arrivino alla fine del testo. Devo dire che tutto ciò non mi dispiace per nulla. Anche se, per contro, le televisioni sbrodolano le infinite parole di personaggi che sono più clowns che filosofi. Potrebbe essere che le mail, pur se algide e un po' noiose, ci salvino dalla televisione, con la loro capacità riassuntiva. I messaggini dei cellulari e i tweets costituirebbero l'ultimo anello di questa catena, forse evolutiva. C'è posto, dunque, per un possibile «Sì, sì; no, no, che il di più vien dal maligno».
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