mercoledì 16 novembre 2005
Lunedì paginone sull'"Unità", domanda epocale a risposta breve: "Chiesa sessuofobica? Sì, ma con giudizio". Poi il "giudizio" è poco, le firme tante. Apre, ma solo con la sigla "b.gr.", il "dotto" della casa forse cosciente della pochezza dei testi, meravigliato che "fino ad ora nel pontificato di Ratzinger la sessualità sia rimasta in ombra". Dicono che la sapienza comincia proprio con la "meraviglia"? Speriamo! Lo seguono in 4, viaggiando per conto loro. Paolo Fabbri annuncia che "per la Chiesa è finito il tempo della repressione e del mutismo forzato" sulla sessualità. Lui riflette sui "porcellini del desiderio", sugli "ascetici astinenti", sul "Gay Pride" e scopre il perché: "la Chiesa non ha bisogno di repressione sessuale perché ha conservato la confessione. Uno spazio buio e intimo dove gestire l'impenitente voluttà" e così "il sesso è sottratto al piacere" e tutto resta in ordine. Che genio! La conclusione: "il problema non è se la Chiesa è sessuofoba: tocca a noi laici dirsi (sic) postcattolici". Allora? Perfetto: scrivere per scrivere senza sapere di che, come e perché. Segue Luisa Muraro che non capisce le resistenze cattoliche sui Pacs: tanto non sono matrimoni! Appunto. Per Erri De Luca, poi, nessuna meraviglia: "i vescovi fanno i vescovi". Appunto! L'ultimo sospiro è di Lidia Ravera: "Stanno prendendo il potere. Subdolamente, i Ruini, i Ratzinger, (e) questa massa di sbandati nell'anima" li segue, e così essi "sedimentano il loro potere. In un'epoca di dubbi la loro esibizione di certezze paga. Purtroppo." Che crisi! Un Sos: subito una colletta. Fazzolettini asciugalacrime"
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI