sabato 5 luglio 2008
Chiesa e cinema:
si parla ("Riformista", 18/6, p. 6) di "nuovo cinema vaticano" grazie al nuovo impulso di monsignor Ravasi e il tema torna spesso, a proposito o meno. Su "Magazine" del "Corsera" (26/6, p. 101) Tullio Kezich, grande esperto di cinema, parlando di Federico Fellini corregge a ragione la diceria che "il gesuita padre Arpa intervenne con il cardinale Siri per salvare dalla censura vaticana 'La dolce vita'". Infatti Arpa intervenne per "Le notti di Cabiria", e "La dolce vita" cadde sotto la censura ecclesiastica. In un'intervista a "Jesus" (dicembre 1993) lo stesso padre Arpa racconta che Fellini soffrì molto per le accuse di uomini di Chiesa e dell' "Osservatore" " otto puntate in prima pagina " a quel film. Arpa, morto da alcuni anni, fu detto "l'anima cristiana" di Fellini e gli fu vicino, pagando anche di persona, fino alla fine. Ma il rapporto pur dialettico tra la Chiesa e il cinema, è di sempre. I grandi film "religiosi" di Dreyer, Bunuel, Bergman, e poi Tarkovskji, Delannoy, Pasolini, fino a Cavani, ai fratelli Taviani e all'Olmi di oggi, sono stati sempre oggetto di interesse specifico nelle Facoltà di studi ecclesiastici, spesso proprio per iniziativa dei Gesuiti, p. es. in prima fila Arpa, Taddei e Baragli. E
spiace leggere("L'Espresso", 19/6, p. 79) nel racconto dell'avventura di un grande esperto come Gianluigi Rondi " lui fu proprio all'origine dell'amicizia tra Fellini e padre Arpa ("Trenta Giorni", 12/2003) " Dante Matelli che scrive allegro di Paolo VI: "uomo di lettere, ma ignorantissimo di cinema". Certi giudizi aprono voragini di disinformazione.
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