martedì 20 novembre 2012
Sabato su "Repubblica" (p. 26: «Il Concilio sfrattato dai privilegi») solito tiro a segno di Augias, nel caso con munizioni fornite addirittura da un prete. Ce l'ha per l'ennesima volta col fatto che secondo lui «la Chiesa», o anche «il Vaticano» – per certi cervelli sempre stessa cosa! – non pagherebbe l'Imu «come qualunque altro». Si sa che la Chiesa e diversi altri soggetti – religioni ed enti non profit – in certi casi (solo in certi casi) non pagano, ma per Augias è inutile – ma non dovrebbe esserlo per il prete scrivente – rimandare all'intera pagina 6 di "Avvenire", domenica. Loro non guardano mai nei "cannocchiali" altrui, per non vedere le macchie nel pianeta proprio! Ma non guardano neppure altro. Per esempio sul "Corsera" (15/11, p. 15) c'erano parole chiare del presidente della Cei, e anche del ministro Riccardi, sulle «attività di volontariato» e «non profit», e ancora lì il 13/11 (p. 6) si demoliva, finalmente, «la leggenda» della «cappellina piazzata negli enti commerciali per non pagare le tasse». Peggio! Augias (15/11, p. 40) è certo che il suo giornale «ha scritto chiaramente (che) la normativa non riguarda solo la Chiesa», e «ha precisato che il rischio di dover chiudere istituti caritativi non esiste». Chi glielo ha detto? Mistero! Lui ne è certo, ma è falso. Sabato sulla "Stampa" – noto giornale clericale, vero? – Chiara Beria d'Argentine racconta della «suora che dà speranza a chi non ha più niente», la quale «quest'anno ha già servito 108.547 pasti» a «ospiti di 111 nazionalità». Vogliamo dire che fa concorrenza sleale ai ristoranti e che perciò deve pagare l'Imu, vero? Così a sentire "Repubblica", e "Il Fatto", e "Manifesto", e "Pubblico", e "Secolo XIX". Potrebbe continuare a «dare speranza a chi non ha più niente»? Farà di tutto per continuare. Ma questo è sicuro solo per Augias, e per chi gli scrive come alla chiromante di turno, che non legge altro che se stesso…
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