venerdì 12 luglio 2013
«Nessuno possiede nessuno»: “La Stampa” ieri (p. 1), messaggio forte di Massimo Gramellini per il «caro bambino di Palermo» che ha visto il padre uccidere la mamma. Quando gli «riveleranno la verità» il bimbo sappia «accogliere questo messaggio semplice e rivoluzionario: nessuno possiede nessuno», e niente, neppure l'amore, dà diritto a sentirsi padroni di un'altra persona come fosse una cosa. Novità rivoluzionaria moderna e laica? Indietro nel tempo pensi che già sant'Agostino distingueva due verbi, “uti” (usare) e “frui” (fruire): solo le cose si possono usare da padroni, mai gli altri, uomini o donne! Nel V secolo: «Nessuno è padrone di nessuno»! E c'è altro. Prima di Agostino, Gesù ammonisce a non desiderare da padrone le persone: «Se uno guarda una donna con desiderio violento ha già peccato» (Mt 5,28). Il verbo è “epithymèo”, che include il “thymòs”, elemento violento dell'animo umano. Non è il rifiuto dell'apprezzamento della bellezza altrui, donna o uomo che sia, ma solo della pretesa, anche in intenzione, di impadronirsi dell'altro come una cosa. Parrebbe un punto minore dell'insegnamento evangelico, e invece ne è sostanza, alla base del punto nodale dei Dieci Comandamenti prima, e poi della “laicità” cristiana. «Non ti farai immagine!» infatti vieta di rendere Dio un “idolo muto”, senza voce, negando che la sua vera «immagine somigliantissima» (Gen 1, 26) è appunto l'uomo che invoca giustizia. Per questo alla richiesta se si deve pagare il tributo a Cesare – Mt 22, Mc 12, Lc 20 – Gesù risponde indicando una moneta: siccome in essa c'è l'immagine di Cesare va restituita a lui, padrone delle cose, ma nessun Cesare può essere padrone anche dell'uomo, immagine somigliantissima di Dio. Proprio così, dunque: «nessuno possiede nessuno»! Su certe cose, altro che «ritardi di Chiesa»!
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