domenica 28 aprile 2013
Una docente italiana di filosofia, Michela Marzano, che insegna nella V Università parigina, scrive su La Repubblica (mercoledì 24) che, «nonostante il ritorno fragoroso della morale religiosa», il governo socialista di François Hollande è riuscito a far passare la sua legge sul «matrimonio per tutti», cioè per gli omosessuali. Poco più avanti la Marzano ricorda che «lo Stato deve lasciare i cittadini liberi di autodeterminarsi dando loro la possibilità di usufruire degli stessi diritti indipendentemente dal proprio credo religioso». Quelle parole «credo» e «morale religiosi» documentano la solita discriminazione laicista nei confronti dei credenti. La Marzano ritiene scontato che atei e agnostici siano riconosciuti liberi di autodeterminarsi senza dover giustificare le loro convinzioni etiche. Sono solo i credenti a essere considerati cittadini di serie B. È evidente che, per la filosofa in questione, le convinzioni, specialmente se cattoliche, non hanno dignità parificabili a quelle dei cittadini laicisti. Diversamente dalle motivazioni che spingono questi ultimi ad approvare, per esempio, l'omomatrimonio, la fede è giudicata nei credenti una cosa di rango largamente inferiore, che non autorizza i cittadini cattolici, musulmani ed ebrei ad avere opinioni politiche proprie e diverse. Un'affermazione discriminante come quella della Marzano non si è mai udita in ambito laicista per le scelte politiche dei socialisti o dei liberali. I loro convincimenti non sono sottoposti a esame di abilitazione: essi sono liberi di appartenere a qualunque scuola filosofica e immediatamente ammessi alla cittadinanza politica. È davvero una singolare laïcité quella che per non essere sospettati e inquisiti è sufficiente dichiararsi non «religiosi» e soprattutto non cattolici. Alla faccia degli «stessi diritti» per tutti! Eppure anche in Francia ogni cittadino li ha per un proprio diritto naturale, senza che sia lo Stato a «dargliene la possibilità». Credevamo che a Parigi le università insegnassero égalité e démocratie.UNA, NON CENTOMILA"Una, nessuna, centomila": adoperando il titolo di un romanzo di Luigi Pirandello, un articolo dell'Espresso (num. del 2 maggio) cerca di dimostrare che «sempre dato per spacciato, il tradizionale nucleo familiare in realtà resiste bene: cambia pelle, ma resta al centro della vita e delle sicurezze degli italiani». Prima di leggere questo servizio che vorrebbe aver scoperto ciò che tutti sanno, e che mira a giustificarne lo sfascio, bisognerebbe stabilire che cosa è "famiglia", perché il settimanale mette sotto questo anche le più singolari convivenze (stranamente non vi si parla di unioni omosessuali). All'inizio dell'articolo campeggia l'elenco delle «coppie che si sfasciano, famiglie che si ricostituiscono, padri separati, madri single, figli che non se ne vanno, anziani che rimangono soli» e tutto il resto che è dichiarato «famiglia di ultima generazione», vale a dire proprio la non-famiglia. Inutile proseguire nelle citazioni: la stessa Autrice dell'articolo scrive che della famiglia «tutti parlano, ma pochi capiscono». Appunto.DIVENTARE UOMINI?Su La Stampa, sezione Tutto Scienze (mercoledì 24): «È a cinque mesi che diventiamo davvero umani? Soltanto a quell'età, infatti, si riconoscono i volti». E i ciechi nati? Non diventano mai uomini.
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