Che cosa dovrebbe studiare oggi un futuro giornalista religioso
mercoledì 5 luglio 2017

Il cardinale tedesco Gerhard Ludwig Müller e il neonato inglese Charlie Gard sono i protagonisti dell'informazione ecclesiale digitale di questi giorni: con i rispettivi 13 e 21 per cento del totale dei post pubblicati ne egemonizzano un terzo, il che, in quel frammentato universo, e grazie anche alla ridondanza garantita dai social network, equivale alla sensazione che non si stia parlando d'altro.

La vicenda del cardinal Müller, che ha concluso il mandato quinquennale di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede senza vederselo rinnovato, è una vicenda dal profilo spiccatamente politico-ecclesiastico, anche se, per la tradizione che storicamente simboleggia, l'istituzione che egli guidava è certamente, tra quelle che compongono la Curia romana, la più famosa “fuori le mura”. È una storia che appartiene alla Rete solo nella misura in cui i media che stanno prevalentemente o esclusivamente sulla Rete offrono più spazio degli altri alle notizie religiose, comprese quelle che riguardano precisamente la vita interna della Santa Sede e che con una certa semplificazione chiamiamo vaticanismo.

Quella di Charlie Gard ha invece un profilo prevalentemente bioetico: il suo colore religioso non sta nella domanda di sostegno lanciata dai genitori, che infatti rimangono sul terreno giuridico e su quello medico-scientifico, quanto nelle motivazioni addotte e nelle azioni proposte dai tanti di buona volontà che hanno risposto: questi hanno attinto al magistero e spesso hanno offerto la loro preghiera. Contrariamente all'altra, è una vicenda che appartiene tutta alla Rete: nell'era precedente al digitale sarebbe stato impossibile renderla pubblica in tempo utile a generare una mobilitazione così vasta.

Due casi accostati semplicemente dalla coincidenza temporale non consentono generalizzazioni. Se tuttavia dovessi dare, oggi, un consiglio a un giovane collega “specializzando” in questioni religiose, gli suggerirei di approfondire gli studi di bioetica.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: