Di recente in un gran Convegno si è ipotizzato il ritorno al passato. Se avverrà sarà certo frutto di modernità doc, col timbro di tutti i progressi. E infatti ecco: a Radio Radicale danno l'annuncio di un incontro importante per «lunedì prossimo, 13 febbraio, alle ore 9 antimeridiane». In onda all'una del 14 febbraio! Tutto possibile agli illuminati? Ancora no: errore veniale, e senza malafede. Più grave lo stato di altri cervelli con problemi di neuroni ideologici non sul tempo, ma su numeri e fatti reali. Così ieri su "Repubblica" – superata la p. 9, leggendo la quale si è indotti a pensare che oggi la Chiesa in Italia non paga mai l'Ici, ed è un falso – a p. 30 trovi il solito Augias che stavolta spazia anche all'estero e, sulla base di una lettera dalla Germania con «informazioni di un commercialista arrotondate per comodità», descrive il sistema tedesco delle tasse sulla religione (Kirchensteuer, e anche Kultursteuer, per la conservazione dei luoghi religiosi artistici). Ne risulterebbe che rispetto alla Germania il sistema dell'8 per mille italiano sarebbe molto più vantaggioso per «la Chiesa cattolica». Falso: spiegabile solo col pregiudizio o con un cervello in tilt sui numeri: grossa anche per un commercialista! In Germania «la tassa per l'appartenenza religiosa», obbligatoria per chi non si è già distaccato formalmente dalla Chiesa, è richiesta esplicitamente con lettera dal Ministero delle Finanze che sanziona chi non esegue, e varia da regione a regione tra 4 e 10 per cento dell'Irpef. La media è poco sotto l'8 per cento. Fatti i conti è evidente che il divario non favorisce la Chiesa italiana. Numeri? Un tedesco "deve" pagare alla sua Chiesa, evangelica o cattolica, molto di più di quanto un italiano "può", se vuole, pagare alla sua. Allora: cervelli da "Forno delle Grucce": "tutto sottosopra"!
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