giovedì 23 marzo 2006
«Restringimento dei cervelli»: ci scherza ieri "Repubblica" (p. 22) buttandola in politica. Ma il problema è vero. Un tempo gli «intellettuali» erano ingegni acuti. Non più. Sul "Messaggero" (21/3, p. 1: «Ragioni e limiti di un messaggio forte») per Giovanni Sabbatucci la Chiesa ha diritto a dire la sua su vita, famiglia, pace, solidarietà. È in gioco la sua dottrina e non è «un vulnus a laicità dello Stato e autonomia della politica», però" Però lui si chiede: «non sarebbe più corretto tener fuori gli elettori e rivolgersi semplicemente ai futuri eletti per esercitare semplicemente su di essi quell'influenza che la Chiesa ha tutto il diritto di perseguire?» Il problema dunque è il «quando»? A te viene un po' da ridere. La Chiesa può parlare prima delle elezioni o solo dopo? «Silenzio Chiesa» fino a Camere riunite o bisogna aspettare il nuovo governo, l'elezione del presidente della Repubblica e anche le provinciali e le comunali? Pare uno scherzo. Anche perché per Gian Enrico Rusconi ("La Stampa", 21/3, p. 1) il cardinale Ruini, astuto, «guarda già oltre l'esito delle consultazioni. Chiunque vinca dovrà tenerne conto». Dunque siamo già a posto? E no! Perché per lui parlando così, su decisioni da prendere o già prese a proposito di famiglia e vita, la Chiesa «mette in guardia in modo quasi intimidatorio"» e questo non sta bene. E allora? Elementare: il silenzio diventi totale, prima e dopo. Si aggiunge ieri su "Repubblica" Miriam Mafai, scoprendo che Ruini vuol vietare del tutto che lo Stato «legiferi» su quei temi, perché «l'ultima e definitiva parola spetterebbe alla Chiesa». La solita tirannia dei preti"
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