martedì 6 marzo 2018
Qualche volta si dorme, e non capita solo al buon Omero. Sul “Corsera” (5/3, p. 45: «La censura? Meglio contrastarla sempre!»): «Ora un gruppo di “genitori” (e chissà perché i genitori devono interferire sulle politiche scolastiche) vorrebbe cancellare i libri (…) dai programmi della scuola»! Firma un collega stimato, Pierluigi Battista. Rileggo e quel «chissà perché?» mi pare incredibile. Ma perché sono i genitori! E perché per legge fino a una certa età i figli sono affidati a loro, e quindi essi hanno diritto di parola in merito a quella realtà che è la scuola dei loro figli. Ricordo, e dall'interno del mondo scolastico, l'evento dei “Decreti delegati” di circa 40 anni orsono. Li ricorderà anche l'ottimo Battista. E allora? Allora si può ragionare nel merito, ed è altra cosa, ma con tutto il rispetto l'idea che nella scuola i genitori di figli minori non abbiano diritto di parola, che non è «interferenza», è stupefacente. Il titolo parla di «censura», e nell'articolo leggi esempi seri di indebite proibizioni, ma nel caso del rapporto genitori e scuola dei loro figli l'altolà pur gentile e benevolo di Battista apre strada all'anarchia e impedisce la “cura” – il celebre «I care» di don Milani – che vale sempre e soprattutto in famiglia, non autorizza irrazionalità, ma difende diritti. Che dire? Inavvertenza, nel caso, qui avvertita con rispetto. Nessun rispetto, invece, quando scopri (“il Giornale”, 28/2, p. 14) che per dare a Francesco la colpa del «collasso» del Venezuela si arriva a scrivere che per il Papa quello sarebbe «il paradiso del socialismo del XXI secolo», anche se in realtà da quelle parti manca tutto, e così «i preti che celebrano messa sono costretti ad offrire ai loro fedeli un tozzo di pane secco al posto delle ostie» e «a versare nel calice acqua del rubinetto al posto del vino»! Falsificazioni contro il Papa o nel migliore dei casi spropositi da ignoranza colpevole: questa sì, degna di censura.
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