mercoledì 11 febbraio 2015
In Buio a mezzogiorno (1941) Arthur Koestler adombrò nel protagonista Nicola Salmanovi? Rubasciov il dramma di Nikolaj Ivanovi? Bukharin, il leader comunista vittima delle purghe staliniane nel 1938. Il romanzo di Koestler denunciò al mondo l'inferno dei processi sovietici, con le torture fisiche e psicologiche che inducevano a confessare crimini inesistenti, in tragico rapporto di complicità tra vittima e carnefice. Il libro suscitò grandi polemiche dalle quali l'autore emerse alla fine della guerra imponendosi come schietto testimone anticomunista. Koestler morirà settantottenne nel 1983, suicida con la terza moglie.Antonio Baroni, in Il caso K. (liberilibri, pp. 96, euro 12), sovrappone al protagonista Joseph K. le vicende di Rubasciov e dello stesso Koestler, attraverso stratificazioni talvolta tardoliriche, talaltra cronachistiche, che non sempre giungono a chiarezza.Di un precedente libro di Antonio Baroni (giornalista di lungo corso) Guido Piovene ebbe a ripetere quello che Bakunin scrisse di Marx: «Pochi hanno letto tanto e con tanta intelligenza».Della vastità delle letture di Baroni non si può dubitare, dato che egli argomenta per citazioni che vanno da Benjamin Constant a Rimbaud, a Saint-Just, Bossuet, Locke, Gramsci, Wittvogel, Lévi-Strauss, De Bonald e via enciclopeizzando. Ma il risultato è carente di linearità interpretativa, come un caleidoscopio che, per difetto degli specchi che lo compongono, non armonizza in figure i frammenti di vetri colorati che restano tali laggiù, in fondo al tubo. Tanto meno c'è da dubitare dell'intelligenza di Baroni, dato che è tipico delle persone molto intelligenti dire occasionalmente delle colossali sciocchezze. Nel caso, Baroni sostiene che l'invito di Gesù di dare a Cesare quel che è di Cesare sarebbe l'origine del totalitarismo: «Riconoscendo l'autorità di Cesare, Gesù cancellò dal mondo l'idea libertaria e sacralizzò l'esercizio del dispotismo». Sfugge all'autore il nocciolo del problema, che è: chi decide che cosa è di Cesare e che cosa è di Dio? La decisione non spetta certo Cesare, e lo testimoniano da subito i primi cristiani con l'obiezione di coscienza nei confronti del totalitarismo imperiale. Dare a Cesare e a Dio ciò che a ciascuno compete è il fondamento della retta laicità dello Stato.Ma ritorniamo al libro. Joseph K. viene a imbattersi con l'articolo 382 del Codice di procedura penale italiano, che recita: «È in stato di flagranza chi viene colto nell'atto di commettere il reato ovvero chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima». Accusato del possesso di un pacchetto compromettente, trovato dopo un controllo stradale nella sua macchina sul sedile accanto a quello del guidatore, dopo che egli era già stato fermato dai carabinieri, Joseph K. si troverà impigliato in un groviglio di cavilli, di «è stato notato», di illazioni, di ricatti, verso una sentenza già scritta che, pur nell'indimostrabilità della flagranza, lo condurranno a sottoscrivere un'ammissione di colpa che è un atto di autodenigrazione. È il volto glaciale di una giustizia solo procedurale, che stritola l'individuo negli ingranaggi di un potere impaziente di eseguire sentenze già scritte da lui stesso. Perché nei casi di Rubasciov, di Joseph K. e nelle infinite repliche di simili processi farsa, la giustizia è solo maschera del volto demoniaco del potere, è la giustizia, religiosa e civile, che ha condannato a morte Gesù.
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