mercoledì 7 agosto 2019
Poeta in proprio, critico letterario, antichista, Vincenzo Guarracino ha pubblicato antologie dei 116 Carmi di Catullo e ha una tale dimestichezza con il Liber che raccoglie tutte le opere del poeta veronese da osare la compilazione di un Lunario di desideri (Di Felice Edizioni, Martinsicuro (TE), pagine 360, euro 25), in cui, partendo da un verso del Liber, 223 poeti sono stati invitati all'interpretazione/imitazione del tema amoroso catulliano. 223 poeti sono molti e, del resto, il tema sul quale si cimentano è il più vasto dei temi, l'amore. In questo esercito di versificatori ci sono nomi noti e altri meno noti, e ciascuno ha contribuito con inediti o con propri exempla. Non è detto che i più noti siano anche i più ispirati: Donatella Bisutti, per esempio, sfiora una pornografia di cui lo stesso Catullo, che pur era assai disinvolto, arrossirebbe; e anche Alberto Bertoni non è elegantissimo. Due sonetti “elisabettiani” rendono irriconoscibile Valerio Magrelli, e Milo De Angelis, con un testo del 1976, fa rimpiangere le sue prove più recenti. Non è spiegato se il verso del Liber a cui fanno riferimento i poeti sia stato assegnato, oppure scelto, o casuale. Guarracino, in apertura, si limita a una breve rassegna delle parole del lessico catulliano: Liber, Donum, Desiderium, Basium, Pius/Pietas, Fides, Foedus, Lesbia, Lusus, Odi et amo, Dei. Si resta colpiti dalla sintesi ermetica catulliana rispetto alla discorsività delle parafrasi moderne. Esempi riusciti: «Ut Triviam furtim sub Latmia saxa relegans» (e Trivia, la Luna, svia furtivamente le sue rotte per l'amore che l'occulta nelle grotte del Latmo), che Vivian Lamarque intitola “Poesia d'invidia per la luna”: «Oh essere anche noi la luna di qualcuno! / Noi che guardiamo, essere guardate, /luccicare. Sembrare / da lontano / la candida luna / che non siamo». Curzia Ferrari: «Sed obstinata mente perfer, obdura» (ma di proposito ostìnati, resisti): «Oh caro, la tua spalla per appoggiarvi la guancia / le tue mani per non camminare più sola / il tuo viso per dimenticare il mondo. /Non si perde la primavera! / Potrai volgerti indietro mille volte – non sono Euridice. / Deluso? Ti prude il palmo a salutarmi? / La sorte m'ha insegnato a primeggiare – la sequela è finita. / Sei stato una piccola cosa – una scheggia di vetro / sul broccato della mia vita». Carlo Alessandro Landini, virtuoso specialista di ottave, distingue “Amare/bene velle” (amare / voler bene): «La vita campestre, il locus amoenus / io canto come si canta un amore / perduto che, oggetto d'un maleficio, / d'un paradosso temporale, serva / a rammentarci, ad ammonirci in merito/ al nostro essere mortale. Alla stregua /, insomma, d'un artificio. Bruciare / io voglio di un affetto celestiale». Nel recensire un'antologia è inevitabile fare un'antologia dell'antologia, e qui l'abbiamo fatto. Nel mare magnum dei poeti maggiori e minori collezionati da Guarracino (ma ha davvero senso la distinzione maggiori/minori, se in tutti c'è ansia di poesia?) l'amore è cantato in tutti i toni, e serba intatto il suo mistero.
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