mercoledì 5 maggio 2010
Ieri ("La Stampa", p. 1) Massimo Gramellini legge stupito "le parole del cardinal Bagnasco sull'Unità d'Italia": "ho pensato al mio unico idolo politico, Cavour, morto gridando in faccia al suo confessore "Frate, libera Chiesa in libero Stato". Lui ricorda anche "le scomuniche di Pio IX", ma benevolo concede: "c'è voluto del tempo", ma ora arrivano anche Chiesa e cattolici! È così? Ignorando le cose che non stanno nel letto di Procuste dei pregiudizi puoi fare a fette la storia, ma i fatti dicono "anche" (sic!) altro. Quel frate cui Cavour morente parlava il 6 giugno 1861 era Fra' Giacomo da Poirino (1808 - 1885), cappuccino che su richiesta di Cavour da 5 anni aveva un patto per la salvezza della sua anima: infatti lo confessò, gli portò la Comunione in processione pubblica per le strade e gli dette l'olio Santo, allora "Estrema Unzione". Sfidava Pio IX, così? Sì, e infatti il giorno dopo fu chiamato a Roma in punizione severa. Ma allora la vera domanda è altra: davvero Chiesa e cattolici tutti contro "l'Unità d'Italia"? No! Ovvio, lo fu Pio IX, sovrano in bilico, ma tanti altri no. Oltre i grandi noti come Manzoni (oggi è il "5 maggio"!), Rosmini e Gioberti valga un altro solo esempio. Il gesuita e prete Carlo Passaglia (1812 - 1887), teologo prediletto e personale di Pio IX, filosofo, linguista, matematico e genio letterario, autore dei grandi "Commentaria de Ecclesia Christi" sulla Chiesa in dialogo tra modernità e tradizione, nel 1862 raccoglie le firme di 10.000 preti " "preti"! " che invocano proprio "l'Unità d'Italia". Sorrida, Gramellini! Sorriderà anche Cavour, col "suo" Fra' Giacomo da Poirino.
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