mercoledì 22 dicembre 2010
In cattedra su "Repubblica" (20/12, p. 27: «Le origini pagane di Gesù Bambino») Marino Niola annuncia che «l'antropologo Cacopardo» ha rivelato che la ultramillenaria «festa del solstizio d'inverno della tribù dei Kalasha somiglia molto a quella della Natività di Cristo», e quindi alla sua vera origine in vecchissimi «riti agrari e astronomici" il Natale è pagano». Tanti saluti al Presepio, quindi! Ma anche all'Albero, perché «nell'Atene di Pericle nell'ultima decade di dicembre si addobbava un albero sempreverde», già a Roma c'erano «i Saturnali» nella festa del «dio solare, Mitra» e così facevano anche i Celti dell'Europa del Nord. Tutte cose note da sempre, salvo forse la «rivelazione» dei Kalasha che ancora oggi, «a due passi dai teatri di guerra dell'Afghanistan» e senza seguire le «leggende» giunte col «monoteismo» continuano a celebrare «la grandiosa festa del solstizio d'inverno» in onore del «dio luminoso Indr, nome locale dell'arcobaleno» ed anche di «Indra», che è «nel pantheon induista». Ecco la conclusione esplicita: «gli ingredienti ci sono tutti" Non sarebbe Gesù Bambino a fare il Natale, ma il Natale a fare Gesù Bambino»! E per Niola lo sapeva già sant'Agostino, che perciò «diffidava i cristiani dal celebrare il sole a dicembre». Che lezione! A Malpelo ricorda Troisi: «Annunciazione! Annunciazione!» Per fortuna lì accanto tocca a monsignor Paglia replicare gentile che «Non importa se riti e date sono simili, per noi cristiani conta il messaggio». Sì: nei secoli fino ad oggi, con buona pace di "Repubblica", per tanti hanno contato anche gli Angeli, messaggeri che annunciano, e soprattutto quel Gesù, messaggero e messaggio insieme.
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