sabato 17 settembre 2016
Curiosità: talora i dotti paiono identici ai rudes come li chiamava Agostino, quelli che, impreparati e privi di un proprio pensiero, hanno sempre bisogno della guida (la catechesi), appunto, dei dotti. «Mi hai chiesto, caro fratello Deogratias, di scriverti qualcosa che possa esserti utile»: questo l'inizio del De catechizandis rudibus, scritto tra il 399 e il 400. Mi torna in mente perché oggi qualche “dotto” si finge “rude”, a sorpresa. Infatti sul “Tempo” (14/9, p. 13) il professor De Mattei, certo un “dotto”, appare “rude” così: «La Chiesa cambia. Ma non lo dice… Da Benedetto a Francesco una rivoluzione mai dichiarata». Leggi e capisci. Il problema per il professore non può essere che la Chiesa cambia: sa che i cambiamenti sono la vita della Chiesa, in duemila anni ci sono e ci sono sempre stati, e la storia del Magistero e della teologia, pur nella salvaguardia dell'«idem sensus et eadem sententia» sui contenuti della fede di tutti, rudes o dotti, ne è piena nelle sue formulazioni, spesso diverse. E allora? Allora niente, ma scopri che per il professore basterebbe che «la Chiesa» lo «dicesse», e lo ridicesse sempre a ogni battito di orologio, per rassicurare tutti, dotti e rudes, che non si va a catafascio. Dunque basterebbe che la Chiesa dicesse che si cambia e il dotto De Mattei sarebbe tranquillizzato? Pare che ci sia qualche altro problema, e cioè quello di chi si sente padrone del passato come lo pensa lui, e pretenderebbe che “la Chiesa” si mettesse al posto dei rudes per farsi catechizzare con sicurezza. Non è soddisfatto! Una sola osservazione: «la Chiesa» lo ha detto con forza che non solo poteva cambiare, ma che cambiava davvero. Il Vaticano II è l'annuncio di un vero cambiamento. E allora? Allora anche oggi con Francesco e tutti i «fratelli Deo Gratias» si cammina sulle orme del Salvatore.
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