sabato 7 settembre 2019
«Cardinali»: in pagina estremi opposti, trasparenza e insulti. Ieri (e già giovedì) anche qui la notizia della morte del cardinale Etchegaray, figura luminosa da sempre: come pochi, forse. Il suo entusiasmo per Gesù e per la sua Chiesa era la cosa più evidente al solo incontrarlo. Antichi ricordi personali dalla Francia, già da decenni "terra di missione". Nessun "proselitismo", ma la sua fede gioiosa attraeva. Ricordi confermati in abbondanza qualche anno or sono dall'ascolto di una sua partecipazione alla lettura continua della Bibbia a Santa Croce in Gerusalemme. Il brano del Vangelo di Giovanni con la sua voce è rimasto per me eco di Cielo fino a oggi. Cardinali, dunque, e ieri qui anche il collega Gianni Cardinale, con rispetto e misura. Non sempre però per i cardinali è così. Per esempio su "Italia oggi" (4/9, p.16) leggi: «Un solo cardinale italiano su 13. È Matteo Zuppi, arcivescovo progressista, vicino al Pd». In quell'«un solo» trovi un rimprovero al "creatore" (c minuscola) del tutto fuori luogo, e molto "sovranista" a sproposito. Libertà! Non così però se ("Il Giornale" 3/9, p.7), stesso argomento, leggi il titolo: «Il cappellano del Pd è diventato cardinale. Sinistra e comunità Lgbt già fanno festa». Le colpe del vero cardinale? Soprattutto una sola: «Da sempre pro migranti». Dunque 60 anni di un uomo, di un prete, di un vescovo, di un amico di tanti, pastore "in uscita" da una vita, ridotti a quello che nell'intenzione è in fondo solo un insulto: «Cappellano del Pd»! E in passato – stesso ritornello diversamente cantato per decenni dalle stesse voci nostalgiche di un dominio incontrastato – quanti preti, quanti uomini, quanti amici di Dio e del prossimo messi nell'angolo, dietro la lavagna, o cacciati dall'aula! Etchegaray sorriderà anche dal Cielo, e "don Matteo" va avanti con le pecore del gregge del Signore...
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