mercoledì 29 gennaio 2014
Il centenario della nascita di Albert Camus (1913-1960) non ha avuto echi particolarmente significativi in Italia, ma almeno ha favorito la pubblicazione del saggio di François Livi Albert Camus. Alla ricerca della verità sull'uomo (Leonardo da Vinci, pagine 208, euro 20,00). Livi, italianista della Sorbona, ha fatto e fa moltissimo per far conoscere Oltralpe la nostra letteratura: ha pubblicato studi specialistici sui Crepuscolari, su Papini, Ungaretti e ha valorizzato autori come Alessandro Spina ed Eugenio Corti, tanto che l'opera monumentale della sua maturità si intitola Italica. L'Italie littéraire de Dante à Eugenio Corti.Occuparsi di Camus rievoca la temperie culturale francese (e quindi europea) poco prima e subito dopo la Seconda guerra mondiale, quando gli intellettuali avevano un ruolo pubblico sia per le zuffe fra loro, sia per il loro engagement politico. Camus, romanziere, filosofo, autore teatrale, è stato al centro di ferocissime polemiche, che il Nobel per la letteratura del 1957 non ha certo contribuito a sopire. Celebre è lo scontro con Sartre e Simone de Beauvoir, fino alla rottura. Ma anche da parte “cattolica” furono sollevate pesanti riserve: severo il giudizio di Claude Mauriac (figlio di François) sull'Uomo in rivolta: «Dal punto di vista letterario, soltanto una posa. Dal punto di vista filosofico, un discorso piuttosto futile. Dal punto di vista politico, una soluzione del tutto insoddisfacente in quanto suppone il problema già risolto». E Gabriel Marcel a domandarsi «se il fatto di non avere più nessuno con cui prendersela non crei nell'animo dell'uomo in rivolta non soltanto uno smarrimento, ma quel che si dovrebbe chiamare, credo, un'ulcerazione. La coscienza in rivolta diventa coscienza ulcerata». In altri termini, commenta Livi, «la rivolta, che è in un certo senso il disordine al servizio dell'ordine, non può essere l'ultima parola. Lo è invece per Camus, la cui coerenza e onestà si rivelano proprio in questa riflessione critica che mette in evidenza il vicolo cieco nel quale si trova».Il tema del “silenzio di Dio”, centrale nell'opera di Camus, viene focalizzato nella Peste attraverso il personaggio di padre Paneloux, che sembra adombrare il gesuita Jean Daniélou (1905-1974), celebre teologo che verrà nominato cardinale nel 1969 e accademico di Francia nel 1972. Nel romanzo, scrive Livi, il religioso si arrovella «davanti al falso dilemma seguente: o Dio esiste, nel qual caso si deve abbandonare la lotta per alleviare la sofferenza umana o ridurre il male, giacché la preghiera basta, o Dio non esiste, e allora la lotta acquista il suo vero significato». A nostro sommesso avviso, la falsità del dilemma sta nel non considerare il ruolo della libertà umana nel rapportarsi al progetto di Dio, anziché ipotizzarne l'inesistenza.Livi, peraltro, sottolinea l'atteggiamento vitalmente positivo di Camus, pur teorizzatore dell'assurdo che nasce dallo scontro tra il desiderio di felicità e le difficoltà che l'uomo incontra per soddisfarlo: l'ostilità del mondo, il dolore, la morte. La vita, nonostante tutto, merita di essere vissuta, talché Camus ha potuto asserire: «Al centro della mia opera vi è un sole invincibile. Non mi sembra davvero che tutto ciò contribuisca a produrre un pensiero triste».I titoli delle principali opere di Camus, che apprezzava il nostro Dino Buzzati tanto da curare nel 1955 l'allestimento teatrale parigino di Un caso clinico, sono entrati nell'immaginario collettivo: Lo straniero, 1942 (ma Livi giustamente sostiene che la traduzione esatta di L'étranger sarebbe “l'estraneo”); Il mito di Sisifo, 1942; Il malinteso, 1944; La peste, 1947; L'uomo in rivolta, 1951; La caduta, 1956. Livi assegna molta importanza al primo saggio di Camus, Il rovescio e il diritto (1937), ripreso nel 1958 e significativo della ricerca e riscoperta dei valori a cui Camus stava dando forma nel Primo uomo, pubblicato postumo e incompiuto perché il 4 gennaio 1960 un incidente d'auto falciò la vita dell'autore, a soli quarantasette anni.
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