mercoledì 29 luglio 2009
Le ventidue lettere superstiti che Cristina Campo scrisse a María Zambrano dal 1961 al 1975, ora pubblicate da Archinto con il titolo Se tu fossi qui (pp. 96, euro 14,50), non aggiungono moltissimo a quanto già si sapeva di Cristina, ma conferiscono ulteriori tocchi al mistero di questa straordinaria figura femminile che, pur nel nascondimento imposto dalla fragilità di salute, ha saputo stringere i nodi di una complessa rete di relazioni intellettuali.
Cristina era nata nel 1923, come la Callas, e come la Callas morì nel 1977: strana concomitanza fra due primedonne che non si conobbero e che lasciarono, ciascuna nel proprio campo, una non delebile traccia.
Il sodalizio di Cristina con Elémire Zolla negli anni della maturità subentrò al legame giovanile con Leone Traverso, ma la casa romana di Cristina era frequentatissima da intellettuali italiani e stranieri con i quali ella tenne anche splendidi contatti epistolari, primo fra tutti quello con Alessandro Spina, Lettere a un amico lontano, ora nel completo Carteggio (Morcelliana). Chi la conobbe asserisce che Cristina aveva l'arte della conversazione, e le sue lettere ne rimandano l'eco.
Negli ultimi anni Cristina Campo, attraverso l'associazione «Una voce», condusse la nota battaglia contro la riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II; fu in contatto con mons. Lefebvre, ma non lo seguì nell'apostasia. Questo ipercattolicesimo conviveva con le suggestioni esoteriche e gnostiche apprese dallo psicanalista junghiano Ernst Bernhard e ciò spiega l'interesse per Cristina Campo da parte di Roberto Calasso e della cerchia adelphiana (Adelphi pubblica le opere principali della Campo).
La puntigliosità delle coincidenze astrologiche segnalate nella lettera n. 22, in occasione della morte del poeta Héctor Murena (Scorpione attraversato da Urano in quell'anno 1975) danno testimonianza del lato esoterico di Cristina, così come il trasgressivo entusiasmo per Il gesuita perfetto (1960), romanzo di Furio Monicelli (fratello del regista Mario) che tratta di una vocazione estorta (Saverio Costanzo ne ha tratto un film nel 2007).
Inevitabile l'incontro con la filosofa andalusa María Zambrano (1904-1991), esule a Roma tra il 1953 e il 1964. Della Zambrano, che si incomincia a conoscere in Italia grazie anche agli studi di Maria Teresa Russo, il filosofo-scrittore rumeno-francese Cioran ha scritto: «In lei tutto sfocia in altro, tutto comporta un altrove, tutto. Chi, anticipando la vostra inquietudine, la vostra ricerca, ha come lei il dono di lasciar cadere il vocabolo imprevedibile e decisivo, la risposta dagli sviluppi sottili?». Parole che si attagliano perfettamente a Cristina Campo, che nella sua limpidissima scrittura (la sua prosa è forse la più perfetta del Novecento) ha dato nuovo corso agli «imperdonabili», alla «sprezzatura».
Non ultimo regalo della corrispondenza con María Zambrano, la trascrizione campiana di una poesia di Borges per la poetessa Susana Soca, che da una nota della preziosissima curatrice Maria Pertile apprendiamo essere la destinataria della pagina anonima di Cioran, intitolata Lei non era di qui...
Ecco la poesia di Borges, inclusa nella raccolta El hacedor, che unisce Susana Soca a Cristina Campo e a María Zambrano in un irripetibile trittico intellettuale al femminile: «Con lento amore guardava i diffusi / colori della sera. Le piaceva / perdersi nella varia melodia / o nella vita bizzarra dei versi. / I grigi, non il rosso elementare, / filarono il suo gracile destino / fatto a discriminare, esercitato / nell'esitare e nelle gradazioni. / Senza ardire calcare il dubitoso / labirinto, guardava dalla soglia / il tumulto, le forme e l'affannarsi, / come l'altra signora dello specchio. / Dèi che albergano oltre la preghiera / l'abbandonarono a una tigre, il Fuoco» (traduzione di Francesco Tentori Montalto, ma Borges scrive «tigre» al maschile).
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