martedì 12 aprile 2016
C'erano una volta regole non scritte che favorivano la buona gestione di un club nei momenti difficili. Alcune riguardavano l'allenatore: quando la squadra partiva malissimo non gli si garantiva il panettone; quando accusava un calo repentino dopo il giro di boa gli si negava la colomba; la mancata rimozione poteva concludersi anche con la retrocessione alla quale contribuivano tuttavia giocatori e dirigenti. C'era una regola anche per la valutazione tecnica del mister: la partenza a razzo non coincideva con una frettolosa consacrazione, prudenza suggeriva di aspettare almeno il girone di ritorno, e anche di più. Da tempo, anche con la fattiva collaborazione di Zamparini, il grande licenziatore tuttavia amato dai tecnici perché dà lavoro e quattrini all'intera categoria, succede di tutto, sulle panchine, son saltati i parametri ed è per questo che da settimane i media italici vanno elogiando Ranieri: il sor Claudio, niente Mago, e neppure Special, grande lavoratore mai profeta in patria, sta sovvertendo tutte le regole e divorando tutti i dolci stagionali. E in più la pizza, diventata ormai piatto globale e ben fatta anche in England: si guardi bene, Ranieri, dalle chiamate italiane, meglio il primo a Leicester che il terzo a Torino, Milano e Roma. Da noi, come sempre, primavera vien cantando e falciando. Mi stupisce e amareggia l'ingrato trattamento riservato a Paulo Sousa, con troppa fretta cantato maestro dai fiorentini (forse in odio a Montella che li lasciò) perché in realtà ha cercato di sopperire alla mancanza di uomini con l'esaltazione del gioco, e non a caso un bel gioco dura poco se non è realizzato da campioni; eppoi, non è un caso che a Firenze tecnici di qualità anche umane come Prandelli e Montella abbiano chiuso malamente il rapporto con i Della Valle, in particolare con il decisionista Diego il quale pretende dai collaboratori obbedienza cieca, pronta, assoluta, che otterrà soltanto il giorno in cui in Casa Viola si respireranno arie serene. Ma il caso eclatante è quello di Simone Inzaghi, ingiustamente ribattezzato Inzaghino, le cui virtù di tecnico erano ben note da tempo al mondo laziale che lo adora. Se Lotito fosse davvero Lotirchio Simone sarebbe da almeno un anno sulla panchina della Lazio, forse addirittura dall'addio del vecchio Reja. Mamma Inzaghi, che non si chiama Cornelia come la madre dei Gracchi ma Marina, tanto tempo fa ci presentò i suoi gioielli e si capì subito che i due ragazzi, con un... procuratore così avrebbero fatto carriera, tuttavia distinguendosi: Filippo-Dinamite sparando gol a raffica, Simone Sorriso conquistando chi gli stava vicino, e quando la conquista coincise con un amore-vip solo pochi lo dichiararono perduto; anzi, dalla metaforica Isola dei Famosi sbarcò più saggio e umile e si nascose fra i ragazzi della Lazio che da mesi han fatto di tutto per tenerselo. Nonostante l'esordio pimpante favorito dai calciatori amici, a cominciare da Klose, subito in gol invece che in pensione, molti sostengono che Simone tornerà dietro le quinte; io son sicuro, invece, che come tecnico Inzaghino avrà più successo di Superpippo.
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