martedì 30 agosto 2016
«Comunque tutta questa smania di partire proprio non la capisco: che ci sarà mai fuori dal nostro cuore? E poi onestamente mi danno fastidio questi migranti quando, inquadrati dalle telecamere, ci fanno il dito e ci mandano al diavolo. Chi si credono di essere per venire qui ad insultarci e a sporcare i nostri giardini? Non sono solo gli scafisti a lucrare su di loro. Ai loro Paesi qualcun altro ci mangia e mi chiedo perché non venga fatta nessuna campagna di dissuasione né da parte dei governi né dalle associazioni né dai missionari... è tutto uno schifo e mi viene da vomitare quando mi si chiede di vederli come dei disperati mentre invece sono solo dei farabutti».Questo messaggio ha coinciso col mio arrivo. Il primo messaggio ricevuto dopo la segreta vergogna provata ad abbandonare Niamey, anche solo per un mese. I migranti, protagonisti del testo citato, impiegano mesi, anni per il loro viaggio, e magari non arrivano mai, compresi quelli che arrivano. È un altro mondo appeso a un filo, che si regge come se il chiodo fosse Lampedusa. Sono partito di nascosto per un sentimento di leggera vergogna che solo con la distanza si è accomodato sui sedili accanto, in aereo. Dove c'erano uno spagnolo che fabbrica palazzine per le ambasciate e un nigerino che lavora nell'amministrazione. L'altro mondo spunta coi documenti e i controlli alla dogana: tutto in regola compreso il permesso di soggiorno per tornare. Poche ore che fanno spuntare quel mondo che migliaia di migranti inseguono tutta una vita, smarrendosi nel cammino, a volte.E pensare che il messaggio dell'amica è arrivato per casualità nello stesso giorno. Benvenuti al Nord di Lampedusa, l'altro pezzo di mondo del mondo fatto a pezzi. Nulla di strano, in fondo, c'è chi può viaggiare e chi no: il mondo l'abbiamo trovato così. Ciò non solo è naturale, ma anche divinamente stabilito dall'inizio. I poveri ci saranno sempre e guai a toccarli. Solo – qualcuno fa osservare – che sono sempre gli altri e si trovano sull'altra sponda. Nascere su una spiaggia o sull'altra: non c'è nulla di più banale, eppure si può passare il resto della vita a non farsene una ragione. Lampedusa rimane il punto nel quale appendere il filo che regge il cartello di benvenuto al Nord o al Sud, a seconda della prua della nave. Perché il Nord si è spostato ancora più in alto del solito, raggiungibile d'accordo, ma senza mai potervi sostare come si conviene. Transeunti, passeggeri, precari, profughi, benefattori del popolo e soprattutto alla lunga indesiderabili ospiti.Al Nord di Lampedusa la vita scorre normale, solo qualche paura in più rispetto a tre anni fa. Più organizzata e dunque meno lasciata a se stessa, la paura fa parte del menù che si offre ai nuovi arrivati. Anche per coloro che passano come semplici comparse lo spettacolo è assicurato a ogni ora del giorno e della notte. Roba dell'altro mondo quando bastano poche ore di aereo, un biglietto, i documenti e soprattutto il privilegio di essere nati dall'altra sponda. Dettagli, se vogliamo, che alla lunga hanno il loro peso quando si tratta di passare le frontiere stabilite dalla storia. Sopra o sotto Lampedusa, tutto lì il discorso che ha il merito di semplificare il giudizio universale quotidiano delle spiagge libiche e italiche. Poi passa il camion di una ditta che sul retro porta scritto un avviso illuminante: «Non cambiare il tuo stile di vita: cambia di supermercato...».Mai fu scritto meglio, a memoria d'uomo, un riassunto così efficace della politica e dell'economia al Nord di Lampedusa. Ora è tutto chiaro e senza possibili ambiguità. Benvenuti al Nord cittadini del mondo dimenticato e perduto! C'è posto per voi al primo supermercato dietro l'angolo del primo caseggiato a destra oppure a sinistra, poco cambia. La meta è la stessa e analoga è la promessa... «Prendetete e... mangiatene tutti...», è scritto davanti a una pizzeria nel centro di Sestri Levante. Davvero, fratelli: benvenuti al Nord di Lampedusa.Genova, agosto 2016
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