Balotelli-Ancelotti: le rane non vogliono affogare più, forse
mercoledì 22 febbraio 2017
Mario Balotelli e Carlo Ancelotti sono due protagonisti del nostro calcio profondamente diversi per età, ruoli, storia personale. In comune hanno solo il fatto che il pallone li ha portati entrambi fuori dal nostro Paese: Nizza per l'attaccante bresciano, Monaco di Baviera per l'allenatore di Parma.
Per entrambi quello passato è stato un weekend intenso. Mario Balotelli in Costa Azzurra sembrava aver trovato (finalmente) la strada per una rigenerazione sportiva e personale. I primi mesi a Nizza avevano registrato un idillio fra lui, compagni, staff e tifoseria che sembrava preludere (finalmente, di nuovo) alla piena espressione del suo talento immenso. Contro il Lorient, nel girone di andata, Mario aveva segnato un gol stellare dal vertice dell'area grande, insaccando la palla proprio sotto all'incrocio, e festeggiato con una corsa in mezzo al campo, sventolando la maglia rossonera del Nizza e sorridendo, di cuore, così come non eravamo più abituati a vederlo. Un girone dopo, nel weekend scorso, di nuovo contro il Lorient in occasione della gara di ritorno nella piccola cittadina della Bretagna, Mario tocca il punto più basso della sua esperienza francese: insulta l'arbitro, rosso diretto. Lascia i suoi in dieci, ma soprattutto gli altri lasciano da solo lui. Il suo allenatore lo scarica, alcuni compagni cominciano a tirare fuori dichiarazioni al vetriolo. Poi arrivano le pagelle dei giornali sportivi: L'Equipe gli dà uno, Nice Matin, zero.
Nello stesso weekend a Berlino, 1.500 chilometri a Nord Est, il Bayern Monaco di Carlo Ancelotti gioca contro l'Herta. La squadra del tecnico italiano è in svantaggio, finiscono i canonici novanta minuti, ma l'arbitro concede un recupero particolarmente lungo: è il 96esimo quando Robert Lewandoski, attaccante del Bayern, ribadisce in rete un'azione un po' confusa. Bagarre in campo e (succede anche in Germania) fuori dal campo. I tifosi dell'Herta se la prendono con il tecnico italiano e, oltre ai più stereotipati degli insulti, lo salutano con una pioggia di sputi. Ancelotti, rientrando negli spogliatoi, si lascia andare a un gesto poco elegante: guarda verso l'alto e solleva il dito medio.
Non c'è nessun dubbio circa il fatto che questi due personaggi pubblici, nell'esercizio delle loro funzioni sportive, dovrebbero essere esemplari e non concedere mai il fianco ai loro detrattori. Non c'è dubbio neppure che sia umano che qualche volta i nervi saltino. La cosa che sorprende è che Carlo Ancelotti abbia incassato la piena e totale solidarietà di colleghi, avversari, tifosi. Un sito sportivo tedesco (sport1.de) ha messo on-line un sondaggio in base al quale Ancelotti è stato giustificato dall'86% dei tifosi, non solo i suoi. In questa società cristallizzata in giudizi affrettati e sommari da pollice su/giù spesso il criterio della sentenza è legato alla reputazione, più che all'episodio.
La signorilità, lo stile, la pacatezza di Ancelotti sono un marchio di fabbrica per cui non solo lo si perdona, ma quasi ci si rallegra che possa avere avuto una reazione contro un'azione volgare e inqualificabile quale l'esser preso a sputi. Al contrario, la fama di Bad Boy di Balotelli suona come una condanna a prescindere e, anche quando finalmente sembra all'orizzonte un lieto fine, non c'è verso che le cose vadano bene. Ci ricasca e tutti sono pronti ad accanirsi.
C'è una favola che racconta di uno scorpione che chiede a una rana di lasciarlo salire sulla sua schiena e di trasportarlo sull'altra sponda di un fiume. In un primo momento la rana rifiuta, temendo di essere punta durante il tragitto, ma c'è un argomento convincente sull'infondatezza di tale timore che lo scorpione saggiamente adduce: se la pungesse, infatti, anche lui cadrebbe nel fiume e, non sapendo nuotare, morirebbe insieme a lei. La rana accetta e permette allo scorpione di salirle sulla schiena che a metà strada, ahimè, la punge condannando entrambi alla morte. Quando, affogando, la rana chiede allo scorpione il perché del suo gesto insano, questi risponde: «È la mia natura».
Questa società così arrabbiata è forse fatta di rane che si stanno stufando di affogare?
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