martedì 16 ottobre 2012
Si sfila come su un palcoscenico, attori inconsapevoli. Le attese negli ambulatori medici sono fonte di micro osservazioni. In quello dove mi trovo cardiologia divide con pediatria la sala d'aspetto. Davanti a me c'è un vecchio alto, con la bocca atteggiata a un disgusto rassegnato al peggio, chiusa in una insoddisfazione cupa. La moglie accanto sembra appollaiata su un trespolo e muove gli occhi come un gufo. Va e vieni di passeggini, molti spinti da giovani islamiche con il velo, una ragazzona si fa largo con il suo usandolo come un rostro. Sfilano anche le solite distonie della vita. Una per tutte, il dialogo tra una donna, che tiene per mano un bambino annoiato, e l'infermiera. «Sa dove trovo un'edicola?» chiede la donna. «Quando esce a destra». «Ah, qui dentro non ci sono edicole?». «Sì, al pianoterra vendono i giornali». «Ma io non devo comprare il giornale». «Per i biglietti dell'autobus bisogna uscire». «Ma a me non servono i biglietti». L'infermiera rimane un istante perplessa. Aggiunge: «Vendono anche i tagliandi per i parcheggi». «Devo fare colazione» dice la donna. L'infermiera esita: «Ma in genere nelle edicole...». «Ah, qui dentro non si mangia?». «Sì, al pianoterra c'è un bar». «Ma io non…». La conversazione riprende, circolare. Beckett non avrebbe saputo fare meglio.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: