sabato 25 agosto 2018
Quando Salomone ebbe la gioia di portare a compimento il progetto di suo papà Davide per la costruzione del tempio di Gerusalemme celebrò lui stesso la solenne cerimonia di dedicazione della nuova casa di Dio. La preghiera spontanea e grandiosa insieme è trapuntata da un ritornello: «Ascolta nel cielo», che ritma la supplica del re mentre offre a Dio la sua nuova abitazione in mezzo al suo popolo. Salomone durante il rito si chiede: «Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruito!» (1 Re 8,27). Accanto a questa domanda alberga nel cuore del re una convinzione: verso il tempio da lui edificato Dio ha preso un impegno, di quel luogo egli ha detto: «Lì porrò il mio nome» (1 Re 8,29). Salomone è ben consapevole dell'impossibilità di afferrare Dio, di porlo in un certo senso a domicilio coatto, ha lucida coscienza di quanto esprime in questi termini: «Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruito!» (1 Re 8,27). Forse è proprio per questo che riconosce come sede dell'ascolto divino il cielo stesso. Il Dio che chiede ascolto al suo popolo (Es 19,5) è colui che ha sua volta sa ascoltare. Lo fa dalla dimora che gli è più connaturale, il cielo. Ogni volta che lo sguardo si innalza a esso bisogna ricordare che là abita il Dio in ascolto.
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