venerdì 12 febbraio 2016
Ha aperto i battenti nella multietnica Parigi un bar a misura di clochard. «Il progetto – ha raccontato Christian Manuel, vice-presidente dell'associazione Cap de Bonne–Esperance, all'Osservatore Romano – è nato nel 2012 a Parigi dopo aver frequentato a lungo per sei anni persone che vivevano in strada oppure ancora integrate ma molto povere». Anche l'arredamento è stato scelto con cura, con mobili in gran parte in vimini. «L'ambiente – ha spiegato – è confortevole, molto diverso dalle solite strutture, come i centri sociali. Il fatto di offrire bevande non alcoliche è un pretesto per sedersi a tavola con il visitatore e parlare con lui. Il Cap de Bonne-Esperance ha come unico scopo quello di essere uno spazio particolare in cui si può parlare e venire ascoltati. A parte qualche eccezione, nelle altre strutture di accoglienza a Parigi non ci sono né il tempo né le persone per proporre tale servizio». Tra le curiosità di questo esercizio “sui generis”, la presenza di molti volontari muniti di un indirizzario che consente anche di orientare gli ospiti del bar verso una struttura di accoglienza specializzata: dal centro medico-psicologico alle strutture amministrative del comune di Parigi. «L'iniziativa non ha la pretesa di essere di tipo preventivo o terapeutico – ha annotato ancora Christian Manuel –.Vuole solo rompere il muro di solitudine che isola tante persone dal mondo che le circonda. Questa parola chiave, “solitudine”, permette di includere anche studenti soli, immigrati, pensionati poveri e perfino persone di classe media».
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