venerdì 8 novembre 2013
La memoria non mi manca. Produce nostalgia, e passi; ma anche rimpianti, a volte insopportabili nel raffronto col presente. È passato un turno di Champions e registro squilli di tromba per il pari della Juve con il Real: «Ma che bella Signora - leggo - ma che partita, è uscita dallo Stadium (leggi Stedium, naturalmente) a testa alta... Il rigore di Vidal? Sacrosanto. Evviva evviva». Il Milan crolla a Barcellona? «Non tutto è perduto, se l'Ajax... se il Celtic... Ma il rigore di Messi forse non c'era...». Adriano Galliani e Barbara Berlusconi al Camp Nou, erano un giorno uniti e li han divisi, vola colomba bianca vola; l'unico che fa percepire il disastro è Balotelli... Ma non tutto è perduto (non parliamo dell'onore, non è più di moda): vedrete... Già: la memoria, i rimpianti, la testa ch'è alta soprattutto quando perdi... Cronache dall'Italietta che s'accontenta. Ho vissuto un'altra epoca, altri (veri) trionfi, felici ammucchiate di vincitori, baci e abbracci intorno alla Coppa dalle Grandi Orecchie. Osavamo dire: l'importante è partecipare, ma per vincere. Ricordo la notte del 28 maggio 1969, quando il Milan stracciò l'Ajax (lanciere bianco) con un 4-1 diventato storia, tripletta di Pierino Prati più Sormani, loro Vasovic, Crujiff niente... Ero in una piazza di paese al seguito del Giro d'Italia e anche i più accreditati suiveurs - non calciofili - fecero festa. E così tante altre notti, in giro per l'Europa, diventato cronista fedele della Coppa dei Campioni. Ecco, forse la riduzione a Champions League, torneo di larghe intese aperto anche ai perdenti “a testa alta” - ha ridimensionato la potenza e l'orgoglio dei nostri. Non è questione di soldi, il Real non passa il turno perché ha speso cento milioni per Bale, il Barça non lo imita solo perché ha comperato Neymar da affiancare a un Messi provato ma non domo: se li rivedete, erano straordinariamente alla portata dei nostri pedatori, Ancelotti e Martino hanno ereditato uomini, non squadre, eppure li abbiamo subìti e alla fine ci resta solo la speranza. Non eravamo primi in Europa per ricchezza neanche il 28 maggio 2003 quando a Manchester s'incontrarono Milan e Juventus e i rossoneri levarono in alto la Coppa - insieme alla testa - dopo un'interminabile battaglia risolta ai rigori. Note: la Juve aveva perso per strada Nedved, schierava comunque uno squadrone, da Buffon a Del Piero; il Milan - bellissimo - sarebbe andato avanti ancora per anni con Inzaghi, Seedorf, Pirlo, Gattuso, da poco sciaguratamente perduti, esodati o ceduti; ma quel che fa effetto, oggi, è leggere i nomi di Costacurta, Nesta e Maldini, già, Maldini The Man of The Match, e rendersi conto che è stato tradito non solo il Milan ma il calcio italiano. Son passati dieci anni, sembra un secolo. Dannata memoria.
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