sabato 10 dicembre 2016
Tra consultazioni al Quirinale e ponte festivo, la Giornata internazionale contro la corruzione – istituita dall'Onu nel 2003 e celebrata ieri in tutto il Pianeta – è stata pressoché ignorata dai media italiani. Eppure, il tema ci riguarda da vicino. Non solo per la posizione occupata dal nostro Paese nella classifica di settore stilata ogni anno da Transparency International: l'Italia si colloca oggi al 61esimo posto (su 168 Paesi valutati) nell'indice della "corruzione percepita" nel settore pubblico e politico, in miglioramento rispetto all'anno precedente e tuttavia in coda a tutti i Paesi avanzati. Ma soprattutto perché la giustizia italiana non riesce a garantire l'effettività della pena: risultano condannati per reati di corruzione soltanto lo 0,5% dei detenuti complessivi nelle patrie galere (nel 2015, ultimo dato disponibile, erano 299 detenuti su 53.889).
Nel maggio di quest'anno, il Fondo monetario internazionale ha stimato il peso economico della corruzione a livello globale: la somma delle tangenti pagate ogni anno sarebbe compreso tra i 1.500 e i 2.000 miliardi di dollari l'anno, il 2% del Pil mondiale. A testimonianza della diffusione dei fenomeni corruttivi, evidentemente connaturati alla debolezza umana, senza significative differenze tra Occidente e Oriente, Nord e Sud del Pianeta. E la distorsione del mercato è soltanto una parte del problema, in tutto il globo: la diffusione della corruzione mina alle fondamenta la fiducia nelle istituzioni e altera la normale dinamica dei rapporti sociali.
È proprio quest'ultimo aspetto che dovrebbe preoccuparci maggiormente in Italia: è più diffusa da noi che altrove la percezione della "convenienza" della corruzione, a causa di un sistema di regole poco efficace nella prevenzione e nella repressione di reati del genere, e incapace di difendere chi denuncia episodi criminali di questa natura.
Se sul piano della prevenzione un passo avanti importante è stato compiuto con l'istituzione dell'Autorità nazionale anticorruzione, affidata a un magistrato di valore come Raffaele Cantone, non si può dire lo stesso per le norme del codice penale che prevedono ancor oggi sanzioni inadeguate. E che non "incentivano" il coraggio dell'onestà.
È ancora tristemente ferma al Senato la proposta di legge (approvata a gennaio dalla Camera) che tutela il whistleblower, il dipendente che segnala all'autorità giudiziaria una condotta illecita che si è verificata all'interno dell'azienda pubblica o privata nella quale lavora. Se congegnato per evitare che la denuncia si trasformi in una forma di ricatto, questo nuovo strumento normativo – che opera con successo nel mondo anglosassone – potrebbe riequilibrare il sistema delle regole a favore degli onesti. Rendendo possibile, finalmente anche in Italia, una vera "battaglia dal basso" contro la corruzione.
@FFDelzio
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