sabato 9 settembre 2017
Torno su adozioni e religione qui già trattato, spero con chiarezza. Ieri infatti (“Venerdì”, p. 12) trovo Michele Serra che con titolo «Le adozioni e l'ipocrisia delle religioni» risponde ad un lettore: «Ha creato un vespaio la vicenda della bimba cristiana inglese data in adozione a una famiglia musulmana che ha imposto alla piccola le regole della religione ritenuta vera». Il lettore poneva il problema anche nel caso di «una bambina non cristiana in adozione a una famiglia cristiana»: sarebbe giusto educare alla fede cristiana chi è nato in famiglia di altra religione? Intelligente osservazione, ma sorprende la risposta fin da quel titolo accusatorio per Serra che risponde sicuro, dicendosi «miscredente». In quel «mis» – dal verbo greco misèo, odiare – vedi anche rifiuto e disprezzo per la religione. E infatti leggi: «Solo quando il peso delle appartenenze religiose sarà ridimensionato, considerato parte dell'identità umana, e non l'identità in toto il problema potrà essere affrontato più seriamente», e poi «Mi fa specie l'espressione “bambina cristiana” così come quella di “famiglia musulmana”». Ma egli stesso fin dall'inizio, parlando di «bimba cristiana inglese» ha detto qualcosa di diverso. «Cristiana e inglese»: dunque la lingua è parte dell'«identità» di una bimba? È giusto imporre una nuova lingua sconosciuta a un adottato che ne ha già in uso un'altra? Del tutto insensato, allora, tener presente anche la religione? O essa è sempre da rifiutare comunque perché – certezza e disprezzo – tutte le religioni sono sempre e solo «ipocrisia»? E ti accorgi che tutti i fondamentalismi, religiosi, non religiosi o antireligiosi, ugualmente fanatici e diversamente violenti sono molto più simili, per natura e per danni prodotti nella storia, di quanto forse Serra (e chi la pensa come lui) sospetta. Capirlo servirà a tutti per camminare avanti.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI