martedì 2 novembre 2021
Poco più di 1.500 chilometri separano in linea d'aria Taranto da Bruxelles, cuore dell'Unione europea. Meno di 1.200 la dividono da Strasburgo, sede del Parlamento comunitario. Distanze trascurabili nell'era attuale, che certo non possono impedire ai "messaggi" della 49a Settimana Sociale dei cattolici italiani, conclusa domenica 24 ottobre, di giungere rapidamente alle istituzioni destinatarie. La domanda è se e come.
Nella precedente edizione di Cagliari dedicata al lavoro (ottobre 2017), i credenti della Penisola avevano rivolto alla Ue tre precisi inviti: inserire nello statuto della Banca centrale europea il criterio dell'occupazione (oltre a quello dell'inflazione) per tenerne conto nel momento di dettare le "ricette" di politica monetaria, armonizzare i tributi ed eliminare i "paradisi" fiscali interni, ridurre il peso del costo per investimenti in infrastrutture e in attività produttive sui bilanci pubblici.
A quattro anni di distanza, il primo invito è rimasto pressoché inascoltato. Sul secondo si è registrato uno sviluppo positivo solo grazie alla recente intesa internazionale per la "minimum tax", frutto dello scandalo universale destato dai guadagni multimiliardari e praticamente esentasse delle grandi multinazionali del web. Per il terzo c'è voluta una pandemia funesta, che ha costretto a sospendere i vincoli del Patto di stabilità e forse ne farà modificare i meccanismi.
Questa volta da Taranto, dove oltre al lavoro era a tema l'ambiente e il futuro del pianeta che saremo in grado di costruire, sono emersi altri spunti preziosi che il legislatore europeo potrebbe prendere in considerazione. Ma soprattutto è risuonato un allarme di fortissimo impatto, per un'Europa oggi molto concentrata sulla transizione ecologica, grazie al "Green Deal" varato a metà luglio e ai suoi obiettivi di riduzione delle emissioni nell'atmosfera, da conseguire entro il 2030 e poi a metà secolo.
L'allarme tarantino in realtà proveniva da Washington, da dove il gesuita francese Gaël Giraud, direttore del Centro per la giustizia ambientale della Georgetown University, è intervenuto con un collegamento a distanza. Tra gli sconvolgenti scenari e le impressionanti mappe previsionali sul futuro della Terra mostrati all'assemblea, ha avvertito che già nel 2040 tutta la fascia mediterranea dell'Europa sarà soggetta a una perdita di almeno il 40 per cento di acqua pulita e potabile, rispetto alle disponibilità attuali.
In concreto, dal Portogallo alla Grecia, passando per Spagna e Italia, lo "stress idrico" per decine di milioni di europei è ormai una certezza, perché "il 2040 è dopodomani", ha commentato lo studioso. Non a caso nella penisola iberica si stanno già costruendo grandi impianti di dissalazione dell'acqua marina. Ma poiché siccità e desertificazione saranno ancora più devastanti sulla sponda meridionale del Mediterraneo e nell'area subsahariana, si possono già dare per certe ulteriori e più massicce ondate migratorie dirette a nord.
Forse a Bruxelles e Strasburgo qualcuno dovrà riprendere in esame le tabelle di marcia e le scadenze fissate nel programma "Fit for 55" contro i cambiamenti climatici e il degrado ambientale. Forse anche la "riserva" di un terzo dei 1800 miliardi del "Next generation Eu", da destinare al "piano verde", andrà incrementata o ricalibrata. L'importante è mettersi in moto subito. L'ennesimo "evento estremo" tropicale che ha investito nei giorni scorsi la nostra Sicilia dimostra che il tempo è scaduto.
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