giovedì 5 aprile 2012
Ieri ("Corsera", p. 1) annuncio da Parigi: «La Sorbona tiene un corso per aumentare la durata del buonumore giornaliero». Malpelo approva: tra i suoi veri fini, qui, c'è anche il buonumore. A proposito sempre ieri su "Repubblica" (p. 20: "Quelli che invocano la pioggia"), Corrado Augias sollecitato da due lettori è severo con l'arcivescovo di Firenze che ha invitato a «pregare per la pioggia». Lo fa rispolverando il grande Spinoza preso per oro colato e citando «il volume Opere… (Mondadori ed.)», dice che «pregare Dio perché faccia una certa cosa» in realtà «invoca un miracolo… ha un effetto consolatorio, apre a una speranza», ma è «assurdo»: Dio come tale non può cambiare e chiedergli la pioggia è solo frutto di «ignoranza» che trasforma «la fede in superstizione». Peggio! «Invocare da Dio il bene possibile della pioggia significa attribuirgli il male certo della siccità il che per un cardinale è grave» perché «si attraversa in modo pericoloso il confine tra fede e superstizione». Finito? Per Augias sì, ma non è così. Infatti sono chiare due cose. La prima è che per Augias l'idea spinoziana di Dio è anche quella della fede cristiana. Non è così: infatti il «Dio o Natura» spinoziano vanifica ogni libertà umana, e il modo di conoscerlo – che Spinoza chiama amor intellectualis Dei – è avere lucida e felice coscienza di essere come «massi che rotolano senza alcun fine dall'alto di un monte». Tutt'altro rispetto alla concezione di Dio e alla preghiera ebraico-cristiana! E allora? Allora ad Augias un consiglio. Si iscriva al "corso" della Sorbona: sorriderà di più, e avrà meno tempo di scrivere su cose per altri preziose senza conoscenza e rispetto…
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