Alla riscoperta del «Codex Faenza» scrigno della spiritualità medievale
domenica 20 aprile 2008
Ansia di innovare, volontà di stupire, necessità di comunicare, ma anche un segreto compiacimento nell'utilizzo di messaggi occulti e di sofisticati artifici virtuosistici: in Italia, a cavallo tra XIV e XV secolo, i protagonisti dell'arte musicale si affidarono a queste irrinunciabili componenti per assecondare i grandi fermenti che accompagnavano i mutamenti del panorama culturale, sociale, religioso e politico allora in atto.
Manifesto emblematico e programmatico di tali tendenze, il manoscritto 117 della Biblioteca Comunale Manfrediana di Faenza " compilato intorno ai primi del '400 e conosciuto come "Codex Faenza" " si impone come una delle testimonianze più significative e rappresentative delle forme e degli stilemi all'epoca massimamente in auge, all'interno del quale troviamo raccolte le chansons del grande Guillaume de Machaut al fianco delle ballate e dei madrigali di Francesco Ladini e Jacopo da Bologna. Tralasciando tali pagine maggiormente note e frequentate, sotto il titolo di Faventina il direttore argentino Pedro Memelsdorff e il suo ensemble vocale e strumentale Mala Punica hanno estrapolato dal Codice di Faenza unicamente il repertorio liturgico, andando a recuperare dal manoscritto originale (e in alcuni casi letteralmente a ricostruire) i brani dedicati all'Ordinarium Missae (quattro Kyrie, un Gloria e un Alleluja, in cui alcune intonazioni corali gregoriane vengono a tratti accompagnate o eseguite in alternatim all'organo) insieme con antifone, inni e salmi chiamati a fungere da traccia per un ipotetico Vespro mariano (cd pubblicato da Ambroisie e distribuito da Deltadischi).
Musiche nate in una sorta di laboratorio di sperimentazione, in cui spinte avanguardistiche e funambolismi esecutivi, complessità cerebrali e vocazioni geometriche non perdono una stilla del loro fitto pensiero pur stemperandosi in armonia, grazia e finitezza. In questa audace interpretazione, acquistano poi una valenza ulteriore: una forza espressiva scenografica, quasi teatrale, per meglio dire "rappresentativa", che ci rivela la straordinaria unicità e l'enigmatica portata di composizioni caratterizzate da un'algida spiritualità e da una raffinata scrittura. Un nuovo bagliore sul tramonto del Medioevo.
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