venerdì 5 luglio 2019
Tempo fa un'amica mi fissò un appuntamento di lavoro vicino alla Stazione Centrale di Milano, in un ostello. Mi sorprese molto perché dall'ultima volta che avevo messo piede in un ostello erano trascorsi tanti anni e non mi sembrava il posto più adatto per un incontro di lavoro. La realtà mi smentì, da allora "Ostello bello" è divenuto uno dei miei luoghi milanesi preferiti e dopo aver conosciuto la sua storia e Carlo Dalla Chiesa, uno dei soci fondatori e oggi amministratore delegato dell'azienda, ho deciso di parlarne. Così sono di nuovo qui a respirare l'umanità e l'allegria che questo luogo emana e a farmi raccontare il loro cammino. «Nasciamo quasi per caso – mi dice Carlo – dalla passione di un gruppo di amici per i viaggi, che nel tempo si è tramutata nel desiderio di far conoscere ad altri le nostre esperienze e, soprattutto, il piacere e la voglia di creare relazioni positive e di metterle a disposizione della comunità civile, della "polis". Per alcuni anni, dando vita ad un'associazione, abbiamo organizzato eventi che avevano l'obiettivo di far incontrare le persone, per recuperare assieme quell'umanità che tanto di più oggi serve avere e che spesso il viaggio ci permette proprio di ritrovare. Da lì in poi il passo è stato breve con l'apertura nel 2011 del primo "Ostello Bello" a Milano, vincitore di un premio internazionale dedicato alla "miglior apertura" nel mondo, grazie sicuramente alla bellezza della struttura ma soprattutto all'idea di creare un luogo che fosse in contatto con il territorio, aperto e capace di creare una vera "sharing economy". Oggi abbiamo 4 sedi in Italia e 4 in Myanmar, circa 250 collaboratori e l'obiettivo di nuove aperture, tra cui una, per noi importante, a Palermo. Non ci aspettavamo un riscontro di pubblico e di "critica" così grande ma forse proprio questo ci dice che la strada è buona». Chi fa impresa sa bene che il successo di una iniziativa non è mai frutto del caso. Certo, l'intuito gioca un ruolo importante e vi sono elementi contingenti che a volte premiano un progetto, qui però si intuisce che c'è dell'altro, lo si respira ed è questo che voglio capire meglio da Carlo. «Da subito abbiamo deciso che avremmo provato a costruire un'impresa che fosse da una parte gestita secondo criteri di efficienza economica ma che nel contempo avesse un'anima e dei valori condivisi. La nostra visione è racchiusa nel desiderio di offrire ai visitatori un luogo nel quale la relazione può diventare un moltiplicatore di opportunità, dove le persone sentono aria di casa e grazie a ciò possono vivere l'accoglienza e l'ospitalità. Abbiamo cercato di lavorare in questa direzione in tutte le nostre sedi e fatto in modo che il viaggio, anche quello di lavoro, per giovani e non, divenisse un momento di vero scambio e di recupero di quell'umanità che a volte oggi rischiamo di perdere». È interessante questo modello di impresa che fa di un punto di forza interno, l'autenticità nella relazione, il suo "prodotto" di punta e chiedo a Carlo quali sono gli altri "pilastri" che hanno sostenuto la crescita e permesso loro di continuare a ricevere riconoscimenti e premi. «Tutti noi crediamo fortemente nella valenza "sociale" di un'impresa, contribuendo attraverso il lavoro a creare valore. Il lavoro ha una grande valenza educativa e l'azienda può divenire un luogo nel quale le persone sentono di poter crescere personalmente, oltre che professionalmente. Per questo proviamo a creare ogni giorno un contesto dove possano lavorare bene e stare bene, dove ci sia motivazione, voglia di guardare avanti e possibilità di crescita. Siamo anche certi che l'impresa è un'entità che deve essere solida, ben organizzata e ben gestita per salvaguardare quel bene comune prezioso che rappresenta e che per ciascuno di noi può diventare un progetto positivo a cui dedicare le proprie energie e competenze migliori». Incontro ogni giorno tante persone, ascolto tanti racconti e forse per questo spesso già nelle parole riesco leggere la loro autenticità ma qui ci sono i sorrisi delle persone e un'atmosfera di "casa" a dirmi che siamo già ben oltre.
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