mercoledì 9 maggio 2018
In una visita al Père-Lachaise, il cimitero parigino che è anche un famedio a cielo aperto, Elisa Giobbi rimase colpita dalla giovane età di illustri musicisti ivi sepolti. Da lì presero avvio le ricerche confluite nel volume Eterni - Vite brevi e romantiche di grandi compositori (VoloLibero, pagine 208, euro 18,00), nove ritratti di musicisti morti prima dei quarant'anni, non tutti inumati al Père-Lachaise: Giovanni Battista Pergolesi, 26; Wolfgang Amadeus Mozart, 35; Franz Schubert, 31; Vincenzo Bellini, 34; Felix Mendelssohn, 38; Fryderyk Chopin, 39; Georges Bizet, 37; George Gershwin, 37; Michel Petrucciani, 37. L'autrice tiene a precisare di aver scritto «un testo divulgativo, senza pretese di essere tecnicamente impeccabile dal punto di vista musicale, non essendo, la sottoscritta, un'esperta di musica colta». I profili riguardano il lato umano dei musicisti, e soprattutto le circostanze della loro morte, spesso misteriosa. Giobbi afferma di essersi ispirata al metodo psicobiografico in cui eccelle Maynard Solomon: in pratica, offre scritti giornalistici documentati e accattivanti, con risultati non omogenei.
Ottimo il profilo di Bellini, che indugia sulla movimentata vita sentimentale del Cigno di Catania e s'interroga sulla sua enigmatica fine: come mai i coniugi Levy, che ospitavano il maestro nella loro villa di Puteaux, si precipitarono a Parigi proprio mentre l'autore di Norma, dei Puritani, della Sonnambula era in agonia? Qualcuno ha perfino ipotizzato una vendetta della contessa russa Giulia von Pahlen Samoyloff, amante respinta da Bellini, che si sarebbe adoperata col veleno, ma la stessa Giobbi prende le distanze dalla leggenda. Gioachino Rossini, amico e rivale, si incaricò dei sontuosi funerali, e il maestro fu sepolto al Père-Lachaise. Sulla tomba fu inciso l'incipit dell'aria di Amina nella Sonnambula: «Ah! Non credea mirarti / Sì presto estinto, o fiore». Quarantuno anni dopo la salma fu solennemente trasferita a Catania, dove tuttora riposa. Lo sfortunato Bizet, che respinse le avance di Marcel Proust conservandone l'amicizia, è giustamente risarcito da Giobbi: fu schiacciato, quasi a morirne, dall'insuccesso della sua Carmen, che diventerà invece una delle opere ancor oggi più rappresentate: peraltro, ai suoi funerali erano presenti Thomas, Massenet e altri illustri colleghi: Gounod non riuscì a portare termine l'orazione funebre, sopraffatto dall'emozione. L'autrice non può evitare di accennare all'omosessualità e a una certa depravazione di Franz Schubert, ma lo fa con mano leggera. Non sembra aver colto a pieno, invece, la tragedia esistenziale di Pergolesi, morto a 26 anni, appena in tempo per concludere il suo vertiginoso Stabat Mater; si rileggano, in proposito, le intuizioni di Nicola Lecca nel grandissimo romanzo Hotel Borg (2006). E Chopin è davvero morto di romanticissima tisi, o di una più prosaica fibrosi cistica? Chi se ne importa, direbbe qualcuno. Ma Elisa Giobbi, psicobiografa, non ci sta a separare la creazione artistica dal male di vivere (e dalle malattie) dei grandi creatori. Resta da decidere se le Polacche e i Notturni di Chopin devono più alla tisi o alla fibrosi cistica. Interrogativi che non si pongono le migliaia pellegrini che ogni giorno sostano davanti all'urna di cristallo inserita in un pilastro della chiesa di Santa Croce a Varsavia, che custodisce il cuore di Chopin. E non è proprio sicurissimo che quello sia davvero il cuore di Chopin. A Michel Petrucciani è stato riservato un Post Scriptum che ha l'aria di essere stato aggiunto quando il libro era già impaginato. Noi ricordiamo il piccolo grande pianista quando si esibì davanti a Giovanni Paolo II a Bologna, nel 1997, in quel memorabile concerto a cui presero parte anche Bob Dylan, Gianni Morandi, Lucio Dalla e Celentano. Anche Petrucciani riposa al Père-Lachaise accanto a Chopin (un onore forse eccessivo). Il libro ha una prefazione non memorabile di Arturo Stàlteri, pianista, compositore, conduttore radiofonico.
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