venerdì 31 maggio 2013
Un sorriso a metà. Ancora sul vino, ma in senso diverso da ieri. “La Stampa” ieri (p. 23) titolone: «Tra chiese e colline nasce il barbaresco». Chiesa e dintorni si confermano spesso in pagina. Vale anche – ogni tanto – per i più “duri”. Domenica così l'Editoriale del “Fatto”: «L'Italia che si aggrappa ai Don». Nel caso certi ragionamenti sono discutibili, ma al fondo c'è il riconoscimento di una presenza innegabile che sottolinea l'assenza degli «uomini dei partiti» (ivi). Chiesa e religione sono realtà importanti alla radice di tante cose. Ecco allora il giusto rilievo all'annuncio della scoperta, a Bologna (29/5: “Messaggero”, p. 26; “Resto del Carlino”, p. 28) di una copia della «Toràh», «La Parola più antica al mondo», un «rotolo di pelle ovina» di 34 metri risalente al secolo XII con i primi 5 libri della Bibbia. Ecco: per l'importanza di questa radice. Ma allora, pur col massimo rispetto per la libertà di pensiero, sorprende che lo stesso giorno “La Stampa” – pp. 1 e 30, «Undicesimo: spegni il cellulare» – pubblichi con grande evidenza uno scritto postumo di Christopher Hitchens che prende in giro pesantemente e scriteriatamente proprio il nucleo portante della Bibbia non solo ebraica, le “dieci Parole”, che noi chiamiamo “comandamenti”, e che da millenni segnano un codice di valori riconosciuti universali. Ecco: sono dieci? Sì, ma «dal primo al terzo li possiamo tranquillamente cancellare: non hanno nulla a che fare con la moralità (e) non sono altro che il lungo rantolo di un dittatore…». E via così allegramente fino al decimo: tutti bocciati, con la furbesca trovata finale per l'undicesimo “comandamento”, tutto dell'autore, che in redazione hanno usato per il titolo: «E spegni quel (…) di cellulare!». Nota: i puntini sono una sostituzione… Bella impresa, vero?
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